Oggi ricorrono i 29 anni dall’attentato, perpetrato da “Cosa nostra”, in cui il giudice Giovanni Falcone perse la vita.
La vicenda ha avuto luogo il 23 maggio del 1992 nei pressi di Capaci (PA), nell’autostrada A29. La strada venne fatta esplodere con oltre 500kg di tritolo, andando in questo modo ad uccidere, oltre al giudice Falcone, Francesca Morvillo (moglie del giudice Falcone) e tre agenti della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
La “decisione” dell’attentato venne presa in seguito ad una serie di incontri avvenuti tra gli esponenti più importanti di Cosa Nostra, tra i cui “partecipanti” troviamo anche Salvatore Riina e Matteo Messina Denaro (tutt’ora latitante).
L’attentato – secondo alcune indagini – è stato ordito come rappresaglia, a seguito delle condanne emesse alla fine del Maxiprocesso a Cosa Nostra, conclusosi soltanto qualche mese prima.
In seguito alla strage, nel 1995, venne indetto il processo “Capaci uno” ed in seguito, nel 2014, il processo “Capaci bis”, nel quale vennero condannati moltissimi esponenti e capi di Cosa Nostra, tra cui i sopracitati Salvatore Riina e Matteo Messina Denaro.
La strage di Capaci, purtroppo, è una dimostrazione di come non solo una persona che si adopera attivamente per il bene comune molto spesso rischia la vita, ma anche le persone più care sono esposte al medesimo rischio; e noi ricordiamo oggi che la “caduta” della mafia in Sicilia ha avuto come prezzo il sangue di molti innocenti.