REGGIO – Ieri sentenza per il processo Gotha, Caridi e Raffa assolti. 25 anni per Paolo Romeo.

Dopo cinque anni dall’inizio del maxi processo Gotha, è stata emessa ieri la sentenza in primo grado. Condannato a 25 anni l’ex parlamentare del Psdi Paolo Romeo che assieme a Giorgio De Stefano, già condannato in abbreviato a 20 anni, viene ritenuto a capo della cupola reggina, ideatore e mente della componente invisibile.

Per 15 dei 30 imputati, sono confermate, in alcuni casi maggiorate le richieste effettuate dai PM. Non mancano assoluzioni eclatanti: come nel caso dell’ex senatore Antonio Caridi, per il quale la richiesta era di 20 anni con l’accusa di intraneità alla cupola e presunta espressione politica delle principali cosche del reggino. Per l’altro soggetto cerniera, Alberto Sarra, è stata confermata la condanna, ridotta, di 13 anni rispetto ai 20 richiesti.

Assolto, trai politici, anche l’ex presidente della provincia Giuseppe Raffa. Il procuratore Giovanni Bombardieri ha definito “confortante” la sentenza. Il PM Lombardo aveva definito le prove, sovrabbondanti.

Nella tarda serata di ieri il dispositivo è stato pronunciato in aula bunker dalla dottoressa  Silvia Capone, dopo che Tribunale collegiale di Reggio da lei presieduto, si era ritirato in camera di consiglio per tutta la giornata di ieri.

  1. Amodeo Vincenzo assoluzione
  2. Aricò Domenico assoluzione
  3. Barbieri Vincenzo Carmine 3 anni e 4 mesi (l’accusa aveva chiesto 6 anni)
  4. Cammera Marcello 2 anni (chiesti 16 anni)
  5. Canale Amedeo (assoluzione)
  6. Cara Demetrio (assoluzione)
  7. Caridi Antonio Stefano (chiesti 20 anni)
  8. Cartisano Carmelo Giuseppe 20 anni (chiesti 16 anni)
  9. Chirico Francesco 16 anni (chiesti 22 anni)
  10. Chirico Giuseppe 20 anni (chiesti 23 anni)
  11. Delfino Alessandro 5 anni (chiesti 9 anni)
  12. Genoese Zerbi Saverio DECEDUTO
  13. Gioè Salvatore 16 anni 6 mesi (chiesti 17 anni)
  14. Giustra Paolo 2 anni (chiesti 2 anni)
  15. Iero Giuseppe assolto (chiesti 10 anni)
  16. Marra Antonio 17 anni (chiesti 16 anni)
  17. Marra Cutrupi Maria Angela assoluzione
  18. Minniti Angela 2 anni e 8 mesi (chiesti 3 anni e 8 mesi)
  19. Munari Teresa assoluzione
  20. Nucera Domenico assoluzione
  21. Pietropaolo Domenico assoluzione
  22. Pontari Giovanni assoluzione
  23. Raffa Giuseppe (chiesti 7 anni)
  24. Richichi Giuseppe Rocco Giovanni 3 anni e 6 mesi (chiesti 7 anni e 6 mesi)
  25. Remo Giovanni Carlo (chiesti 8 anni)
  26. Romeo Paolo 25 anni (chiesti 28 anni)
  27. Sarra Alberto 13 anni (chiesti 20 anni)
  28. Scordo Andrea assoluzione
  29. Strangio Giuseppe 9 anni e 4 mesi (chiesti 13 anni)
  30. Zoccali Rocco assoluzione
  31. Zumbo Giovanni 3 anni e 6 mesi (chiesti 7 anni e 6 mesi)

 

Dal maxi processo Gotha emerge lo spaccato del sistema criminale ‘ndranghetista, i suoi meccanismi ciclici, la capacità di dotarsi un’organizzazione nella quale “i ruoli, all’interno di una funzionalità evoluta, mutano per divenire uguali a se stessi”.

La ‘ndrangheta, a partire dagli anni ’70, introduce una serie di mutamenti d’assetto e di riforme necessarie a consentirne la sopravvivenza, a mettere le mani sui flussi economici del pacchetto Colombo, ed a far fronte all’azione delle forze dell’ordine, anche alla luce del rischio introdotto dai pentiti.

Nasce allora la “società di santa”, la prima cerchia segreta rispetto alla vecchia “società di sgarro”, che di per sé, come noto, si reggeva già sulle premesse dell’omertà e della segretezza.

Il sistema si evolve poi, negli ultimi vent’anni, negli aspetti dell’organizzazione e della compartimentazione, quando la ‘ndrangheta comprende di dover sviluppare ulteriori adattamenti necessari a conservare quell’unitarietà (tra mandamenti e cosche) decisiva per ampliare il potere, ed intercettare i nuovi flussi di spesa (quali i 660mln del Decreto Reggio).

Serve inoltre alla ‘ndrangheta un organo capace di mediare, da un lato, sul fronte interno, risolvendo le guerre tra cosche, colpevoli di attivare la macchina repressiva statale e dall’altro, sul versante politico, capace di governare dall’interno le istituzioni (laddove, prima, si era limitata a condizionarle attraverso “rumorose” intimidazioni).

Nasce con queste premesse la nuova componente riservata della ‘ndrangheta che ha come mente pensante, quella di Paolo Romeo assieme a Giorgio De Stefano. Un nuovo livello che però conserva, utilizza, ed è perfettamente funzionale, come detto, agli strati mafiosi operativi sottostanti.

Nell’impianto accusatorio esposto in tredici udienze, nelle scorse settimane, la pubblica accusa – rappresentata oltre che da Lombardo anche dai pm Stefano Musolino, Giulia Pantano, Sara Amerio e Walter Ignazitto – si è avvalsa di un numero ingente di conversazioni tra soggetti imputati e dichiarazioni di pentiti, da cui emerge, come i due vertici abbiano operato costantemente, negli interessi della cosiddetta triade di Archi, oltre che delle principali cosche dei mandamenti tirrenico ed jonico.

Emerge anche la fitta rete relazionale di Romeo, nel cui numero sono stati elencati una quarantina tra politici, dirigenti, ex magistrati, giornalisti, ed ex componenti delle forze dell’ordine.

 

“LA RIVOLUZIONE DEL PROCESSO: LA SCOPERTA DEL LIVELLO INVISIBILE”

 La società occulta della ‘ndrangheta si è dunque strutturata con la forma di una loggia massonica deviata, orbitante attorno al Circolo Poseidonia di Gallico, le cui “teste pensanti” Romeo e De Stefano, hanno concepito una serie di strategie volte a “creare mostri”. Soggetti, intranei alla ‘ndrangheta, direttamente manovrati da Romeo, al fine di inglobare le istituzioni democratiche; al punto che – secondo le tesi, in gran parte confermate, di Lombardo, nella nostra terra, non ci sono “dinamiche politiche, economiche, o finanziarie che non siano ‘ndrangheta”.

La ndrangheta occulta, definita anche laica o massonica, degli “invisibili” ha nuove regole: diverse, non di rado opposte a quelle della ‘ndrangheta di base, che deve rimanere “visibile”, cioè individuabile come tale, per esercitare il potere sul territorio, soggiacendo perciò a rituali e regole rigide quali il distacco da ambiti come forze dell’ordine e massoneria. Ambiti nei quali la componente riservata della ‘ndrangheta è invece espressamente chiamata ad entrare e governare, mantenendo il contatto con gli ambiti inferiori solo attraverso pochi “soggetti cerniera” cioè esponenti di altissimo livello. La compartimentazione verso la ‘ndrangheta di base, come l’appartenenza a sfere alte della società, è necessaria a garantire la rispettabilità della componente occulta, rispettabilità che ne costituisce il paravento, ovvero l’invisibilità.

Con tale complessa strutturazione, si garantiscono potere e ricchezza necessari soddisfare la “fame” della ndrangheta. Mentre i suoi vertici decisionali, non ambiscono a guadagni immediati (facilmente tracciabili e dunque pericolosi) ma bensì differiti nel tempo, e camuffati da tutela del bene comune.

L’esito della sentenza di primo grado stupisce per le suddette eccezioni e ridimensiona, in un certo modo, la portata dell’inchiesta, giacché alcuni personaggi chiave ne escono temporaneamente puliti rispetto ai pesci più piccoli. Le future dinamiche certificheranno la reale entità di tale operazione, se essa sarà l’ennesima bolla destinata a scoppiare in nulla di fatto, o viceversa, se assumerà un impatto decisivo nella lotta alla criminalità organizzata.

 

REGGIO – Polizia di Stato: Gli Agenti delle Volanti salvano un uomo smarritosi tra i boschi di Galatro

Nei giorni scorsi,gli Agenti del Commissariato di P.S. di Polistena hanno salvato un uomo che, nelle ore serali, si era perso tra i boschi del comune di Galatro.

Il quarantunenne, in evidente stato di agitazione, aveva contattato la locale Sala Operativa tramite il numero d’emergenza 113, comunicando di aver intrapreso un sentiero nel bosco e di non riuscire più a trovare la strada per il ritorno.

Dopo averlo tranquillizzato, gli operatori della Polizia di Stato hanno tempestivamente diramato la nota agli Agenti della Sezione Volanti che, mantenendo il contatto telefonico con il disperso ed individuandone la posizione sul GPS, sono riusciti a guidarlo fino al raggiungimento della strada principale.

L’uomo, che in meno di un’ora è rientrato a casa, ha ricontattato telefonicamente i poliziotti del Commissariato di Polistena per ringraziarli dell’aiuto dato.

La capillare conoscenza del territorio e la tempestività nei soccorsi sono i tratti che caratterizzano l’operato della Polizia di Stato, da sempre al fianco del cittadino.

CALABRIA – Rifiuti ATO Cosenza, De Caprio: «Blocco risolto»

L’assessore regionale all’Ambiente comunica che da lunedì riprenderanno i conferimenti. Circa 450 tonnellate al giorno fuori regione e nelle discariche di Crotone e Lamezia Terme

«La Regione Calabria risolve il blocco dei conferimenti dei rifiuti dell’Ato Cosenza che, da lunedì, riprendono, per complessive 450 tonnellate al giorno, fuori regione e nelle discariche di Crotone e di Lamezia Terme».

Lo comunica l’assessore all’Ambiente della Giunta regionale, Sergio De Caprio.

«È stato un lavoro difficile – aggiunge De Caprio – per cui è necessario riconoscere la professionalità e il senso di responsabilità di tutti i funzionari e i dirigenti del dipartimento Ambiente, egregiamente diretto dall’ingegnere Gianfranco Comito, dei gestori degli impianti e dell’Arpa Calabria».

«La Regione – conclude l’assessore – continuerà a seguire le operazioni necessarie per la riapertura delle discariche di Cassano allo Ionio e San Giovanni in Fiore, nella convinzione che l’Ato Cosenza saprà riprendere rapidamente i livelli di efficienza utili a sostenere le necessità e i diritti dei cittadini della provincia di Cosenza».

Riforma della Giustizia, votati e approvati gli emendamenti. Domani il testo in aula

Dopo l’accordo politico in Consiglio dei ministri giovedì, la riforma del processo penale compie il primo passo parlamentare verso la sua approvazione. La Commissone Giustizia della Camera ha votato e approvato gli emendamenti che recepivano le intese tra i partiti di maggioranza, con la prospettiva di riuscire a giungere al sì della Camera già martedì prossimo, visto che il testo domenica sarà in Aula.

Il giorno dopo l’accordo, tutti i partiti di maggioranza rivendicano il successo mentre, per le opposizioni, Fdi critica la riforma come una “mediazione al ribasso che non risolve i problemi”.

E gli ex M5s attaccano il Movimento. La riforma Cartabia consiste in una serie di emendamenti, 26 in tutto, al ddl Bonafede, ma tra essi l’attenzione è caduta solo su quello sulla prescrizione.

In realtà l’architettura complessiva mira a “sdrammatizzare” questo tema: le norme prevedono una serie di misure deflattive dei processi, ad esempio con l’incentivzione dei riti alternativi, la messa alla prova, la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure, così da favorire la celere celebrazione. Dopo la sentenza di primo grado viene mantenuto il principio del ddl Bonafede e cioè che la prescrizione si blocca, ma con l’obbligo di chiudere i processi in due anni in Appello e in un anno in Cassazione, pena l’improcedibilità (la cosiddetta prescrizione del processo e non del reato). Nell’accordo, approvato in Commissione, i processi più complessi possono durare in Appello tre anni e 18 mesi in Cassazione e per i reati più gravi (mafia, terrorismo, spaccio, stupro), il giudice potrà chiedere di prolungarli per complessivi altri tre anni in Appello e altri 18 mesi in Cassazione. In più il nuovo processo entrerà a regime nel 2025, e nel frattempo sono previste assunzioni e digitalizzazione dei Tribunali. In commissione Giustizia la maggioranza ha votato compattamente, senza sbavature, mentre le opposizioni con Fdi e gli ex M5s di L’Alternativa c’è hanno fatto ostruzionismo per impedire l’approvazione, che comunque è avvenuta nel tardo pomeriggio.

Sono stati approvati anche una decina di emendamenti dei gruppi, tra cui uno di Lucia Annibali (Iv) che prevede l’arresto in flagranza per il marito o ex marito violento che viola i provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”.

L’obiettivo della riforma della giustizia è “ottenere tempi certi” per i processi. Lo afferma la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, al Tg3. Cartabia ha anche spiegato di non temere sorprese per il voto in aula: “Direi di no, abbiamo preso un impegno tutte le forze politiche della maggioranza”. (ANSA)