Potrei iniziare lamentando che anche la classe dei picchiatori professionisti subisce lo stesso spettro d’inefficienza che investe anche i settori meno rilevanti della città; ma forse non è il caso di iniziare con l’ironia e certo se un bersaglio va individuato, quello non è la mia stupenda Rheggio.
Ho riportato pochi danni, malgrado almeno sei, sette di questi nobiluomini fossero impegnati con furia omicida a colpirmi prevalentemente al capo ed al volto. Chi si intende di queste cose sa che una volta per terra, non sarebbe rimasto molto da tentare. Sarei passato tra le braccia di Gesù Cristo (io che ci credo e lo ringrazio) con questo interrogativo: come si fa ad essere tanto idioti da delinquere sotto quattro telecamere a circuito chiuso?
È stata la mia fortuna ed è un interrogativo che, sono certo, verrà messo in chiaro dagli uomini della Polizia di Stato, dallo straordinario lavoro della Digos che (notizia dell’ultima ora) ha già individuato e denunciato i responsabili. Il loro intervento puntuale e premuroso mi ha persuaso circa la possibilità che io non sia, da ora in poi, e soprattutto tra qualche tempo, una specie di bersaglio mobile durante i vari spostamenti in città.
Tuttavia, per rimanere integri non serve tanto (anche se fortemente desiderato, lo ammetto) tornare a casa con la pelle intatta, quanto assicurarsi la libertà di fare ciò che è giusto: il proprio umile lavoro per esempio; avere la coscienza illesa e il sonno disturbato, magari, da ombre esterne e non da quelle interiori: e poi denunciare (l’ho fatto ed era scontato) chi ha fatto del male; non soltanto a me lo scorso giovedì di settembre, ma a chissà quante altre vittime in passato, che hanno avuto meno fortuna o strumenti culturali per denunciare.
Ho raggiunto l’apice del divertimento (risate amare) vedendo come la stessa gente facesse capolino anche in Questura, a farmi intendere (ma non è vero: così stavolta non è stato) che anche la giustizia si può arrendere ed abdicare alla difesa della verità. Erano là, i miei aggressori, a dire che di tutto quanto fosse mia la colpa.
Risulterò cocciuto, testardo, rigido ed anche piuttosto livido al momento, ma credo che un evento vada documentato, sempre e comunque nel rispetto della privacy e della deontologia, ma prima di tutto nell’ interesse del cittadino e della persona umana.
Chi poteva dire che un incidente senza feriti fosse notizia irrilevante? Che non nascondesse un sopruso, un furto, un danno nei confronti di un innocente bisognoso proprio della mia testimonianza? Per questo mi sono fermato. È per quell’incidente che mi si voleva fare la pelle e forse di qui a poco verrà smentito chi afferma che fosse doveroso voltarsi dall’altra parte e fare finta di niente. Sapremo tutti cosa c’era sotto.
Sono stato sempre molto introspettivo, e se è stata quasi acqua liscia per me il pestaggio, non riesco invece a rassegnarmi di fronte a fatti tragici come l’assenza di umanità dentro un uomo che si muove. I miei assalitori. Se il cammino di un uomo è la possibilità di fare qualcosa di buono, in vista dell’eternità (per chi ci crede, come me) o almeno di una buona memoria, mi chiedo per cosa viva questa gente (e mi rispondo scherzando: certamente non per la buona pratica pugilistica. Per la buona memoria men che meno.)
Ad ogni buon conto, rifiuto di odiare chi si descrive malamente e goffamente con le proprie azioni, e mi dirigo verso l’analisi del contesto dove fioriscono tali aberrazioni: la società, quella reggina, che va compresa.
Reggio non è violenta perché ndranghetista, eppure il fenomeno della violenza è diffuso, anche se prevale di gran lunga in altre, più blasonate città. Non è nemmeno ndranghetista perché povera, benché la delinquenza spicciola, che corrisponde agli strati più bassi della ndrangheta sia incentivata dalla miseria intesa, non tanto, come materiale, quanto spirituale; è la percezione di assenza di futuro.
L’assenza di speranza genera isteria collettiva. Una miseria frutto di malgoverno, una politica venduta in un territorio volutamente tagliato fuori dalla volontà di sviluppo a livello nazionale favorisce l’arruolamento dei peggiori tra le file della malavita.
Nello stesso quartiere dove mi hanno aggredito, ho trovato però il coraggio di un imprenditore e dei suoi collaboratori; avrebbero potuto lavarsi le mani chiudendosi dentro il negozio o (se collusi) nascondere addirittura il telefono. E per me sarebbe finita.
Ringrazio l’editore Eduardo Lamberti Castronuovo, persona intelligente, corretta, coraggiosa ed onesta in ogni fare, che mi permette di svolgere la mia professione con la massima libertà in una Redazione etica. Non era scontato un appoggio così totale ed una stima, letta anche sotto le righe, che mi ha commosso.
Lo stesso affetto mi è arrivato in un abbraccio che ha raccolto come in un’unica, benefica onda, tutto il bene di Reggio e non solo. I colleghi giornalisti, le testate giornalistiche, le istituzioni. Quelle, soprattutto, che hanno avuto il coraggio di manifestarsi pubblicamente.
Ultima ma non per importanza la mia comunità: la chiesa Cristiana Gesù Cristo il Signore di Catona presso la quale, da molti anni ormai, ho concepito e rafforzato in me la semplice convinzione che ognuno debba essere un buon cristiano nel proprio contesto e nel proprio piccolo, guadagnando una fetta di luce in questo mondo. Alla mia comunità debbo la mia forza.
Seguiranno aggiornamenti