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A due anni dalle comunali: Renzi naufraga in porto europeo, Reggio veramente alla deriva

Prima che il Titanic piddino si preparasse a colare a picco, solo qualche giorno fa, sarebbe bastato accomodarsi a bordo, dire sì al capo, sorridere agli elettori e prendere tempo. L’Europa dettava la rotta in mare aperto, ben lontana dai nostri territori e dalle loro contingenze.
Il nostro Sindaco, il biglietto ce l’aveva. Le previsioni erano truccate, certo, ma i giorni a venire sereni; costanti “renzate” gonfiavano vele orientate all’occorrenza. Ponti, metrò, treni supersonici, sciorinati in prossimità del traguardo: Reggio , per il Sindaco, poteva durare giusto il tempo che arrivasse in Senato. Ora che ha perso la nave, il vero naufrago del referendum deve galleggiare fino alle prossime elezioni. Mentre Reggio prosegue la deriva.
E dire che anni fa, la città commissariata aveva creduto nella svolta: una voragine amministrativa riempita di giovincelli d’acqua dolce avulsi dalla politica, un acquario esotico,diviso dai problemi della città quanto Renzi dalla realtà italiana.
Con la scusa di rottamare la vecchia politica, è parso giustificabile a Falcomatà convocare in politica la propria “cricca da bar” (appellativo affibbiato da Travaglio anche ai falchi di Renzi), ragazzi come lui col vantaggio derivante dal venire dal nulla e dal non essere nessuno: quello di dipendere dal capo in tutto e per tutto. Così prima del referendum il Sindaco ha potuto azzerare la giunta. E dopo il pesante fallimento, il Sindaco può permettersi di minacciare i suoi falchi :”se io cado, non io, ma voi sarete ricordati come un nessuno” . Dimenticando forse che il sistema copernicano vale per tutti i satelliti, Falcomatà compreso.
In questi due anni, mentre il governo-ombra di Renzi (nato non per elezioni, ma per grazia di Bruxelles) serviva le direttive europee, l’amministrazione reggina era dedita al servaggio renziano. Ed a ritrasmettere riforme, come quelle del referendum, che potevano calzare bene alle metropoli del potere finanziario, ma sono rimaste lontane dal resto d’Italia. Figuriamoci dal Sud, e da Reggio che ha assistito al peggioramento mentre l’assurda propaganda mediatica del premier e del suo piccolo emulo reggino, dava i numeri sul miglioramento. L’ipnosi renziana, come quella falcomatiana, non poteva reggere il confronto con la realtà . E’ bastato affacciarsi alla finestra per vedere locali chiusi, negozi desertificati, periferie desolate, strade dissestate. Questo semplice confronto con la realtà e non certo la paura del rinnovamento, non certo un’atavica antipatia per il miserrimo pinocchio di Rignano o per il suo omologo reggino, hanno portato alla disfatta dell’uno e dell’altro.
Immersi nella loro bambagia, alternando autoreferenzialità ad auto-encomio, come il premier, anche i consiglieri di maggioranza reggini hanno compilato annose liste di propositi, raramente utili. A setacciare questi due anni di Amministrazione, tra gli aspetti positivi, c’è la maggior tutela del suolo pubblico contro l’abusivismo (applicata, però con poca sapienza) e un pugno di iniziative ai confini dell’inutilità .
Tuttavia, come allettante fu ” il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”di cui all’ultimo referendum, come entusiaste, ma false, le letture degli obiettivi raggiunti, altrettanto lo sono stati, e si ostinano ad esserlo ancora i comunicati del Sindaco. A chi denuncia inattività , si dipinge la legalità di amicopoli. A chi rimprovera di non avere fatto nulla, si mostra di non aver sbagliato nulla. La sicura ricetta falcomatiana per quadrare ogni bilancio è l’immobilismo: al massimo si attaccano due addobbi natalizi sulle piazze. La gente scriva a Babbo Natale per le buche stradali.
Ed ora che l’onestà dovrebbe portarlo alle dimissioni, Falcomatà annuncia una “riflessione” sul risultato elettorale, che suona quanto mai superflua. Ma il Sindaco sa che, incollato alla chimera piddina, e con la pressione al Quirinale di mamma Europa, potrebbe mantenere lo scranno per tempi insospettabili.
Come anticipavano qualche giorno addietro le dichiarazioni del braccio destro della Merkel, Volker Wieland, l’Italia deve fare i conti primariamente con le pressioni europee. Ovvero dei tecnocrati e dei potentati economici sovranazionali, che impongono una serie di riforme (quelle che l’Italia ha appena bocciato a Renzi) per plasmare a loro uso e consumo il nostro sistema , attraverso i vari governi tecnici e provvisori che servono a imporre austerity. La politica prevista sarà la “carota” dell’ESM (fondo salva stati europeo) ed il “bastone” del nostro debito pubblico. In questo quadro politico, prima delle elezioni, la politica renziana coi suoi Falcomatà rimarrà in sospensione per il tempo che serve a imporre questo quadro, presumibilmente per parecchi mesi, forse anni.
Mentre i problemi di Reggio superano già i tempi limite d’intervento, non sappiamo se qualche spicciolo europeo cadrà alle nostre latitudini per placare il dissenso crescente verso la Oliverio&co. Si moltiplicano le questioni scottanti , per esempio quella dell’Aeroporto e il Sindaco pare intento soprattutto a non bruciarsi le mani. Gira il problema sulla prospettiva che non comporti l’impegno in prima persona, cerca i colpevoli come scrive in una nota al giornale online CN24 “nonostante le limitate competenze in capo all’amministrazione comunale ” e solo in seconda istanza auspica che “la politica accolga nell’immediatezza l’allarme lanciato dai rappresentanti dei lavoratori.”
Sulle prime, il nostro sindaco pare considerare con favore la convocazione di un tavolo tecnico, dopo anni di martellanti suppliche da parte di consiglieri e cittadini disperati.
Poi lo spirito renziano si impossessa nuovamente di lui, costringendolo a compiacersi del “comportamento responsabile tenuto nell’ambito delle vicende che hanno coinvolto tutte le società comunali” ed a chiedere ad altri “che la questione dell’Aeroporto venga prontamente affrontata nelle sedi competenti”. Non si sa a chi chiede, il sindaco, l’impegno che dovrebbe portare avanti in prima persona.

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