L’ Aspromonte è una miniera d’ oro la cui vera utilità, in funzione di concreti benefici occupazionali ricadenti sul territorio, è completamente travisata dai pur validi aspetti naturalistici e turistici.
Una rivoluzione che investa gli enti locali con una ventata di radicali trasformazioni della gestione del patrimonio agroforestale con gli strumenti forniti dallo Stato, dall’UE e dalla Regione è perfettamente fattibile: la facilità con cui ampie fasce di territorio idonee alla coltivazione ad alta resa come i frutti di bosco possono essere approvvigionate d’acqua, la facilità con cui questi prodotti possono essere piazzati sul mercato europeo con relative certificazioni biologiche, l’assunzione di manodopera, la commercializzazione dei prodotti anche sul mercato locale, sono le basi che possono sorreggere lo sviluppo di queste ed altre soluzioni per la valorizzazione del territorio e la creazione di posti di lavoro.
Una pietraia arida può eguagliare la resa di un terreno fertile e curato? Sì, se la pianta che vi si coltiva ha poche esigenze colturali e produce un frutto zuccherino e gradevole al palato, specie con le infinite possibilità di lavorazione e trasformazione che vanno dalle granite agli estratti ed ai gusti di gelato. Tutte specialità che trovano applicazione proprio nella stagionalità del frutto: stiamo parlando del fico d’india, di cui in Sicilia alcuni intraprendenti contadini hanno da tempo realizzato estese piantagioni dedicate alla commercializzazione, non più dedicate unicamente al consumo locale o al foraggio (comprendente anche le parti della pianta asportate in caso di potatura), bensì la resa del fico d’india può raggiungere cifre importanti in caso di esportazioni in paesi nordici dell’Unione Europea: sempre alcune aziende siciliane importano il frutto in Germania piazzandolo anche a 7 euro al kg.
Francesco Perri