Alla conferenza stampa sulla gestione dei beni confiscati da parte dell’Amministrazione comunale di Reggio Calabria, un dato è emerso, con prepotenza: il sindaco Falcomatà è un’autorità impareggiabile nella professione del rispondere senza rispondere. Per questo è certo di svincolarsi, per tutta la durata di una conferenza ed oltre, dalle domande inerenti ai temi, poste peraltro in termini semplici e diretti, della stampa. Non così Nancy Iachino, la cui evasività è tradita da pallore, sudori freddi, e dichiarazioni di “onesta” insufficienza al ruolo. Iachino non c’è, e se c’era dormiva, mentre il caso vuole che il nuovo segretario generale, sia proprio oggi andato a vaccinarsi.
Per giustificare le amnesie seguite al sopore amministrativo, la Iachino rimprovera, nemmeno tanto indirettamente, il sindaco che non le avrebbe fornito l’organico, presente altrove in analoghi contesti; dall’altro lamenta che i funzionari non abbiano recepito i suoi input dando seguito agli stimoli affinché “si facesse un altro bando, si insistesse sulla richiesta di documentazione”.
Proprio sui dirigenti, che dichiara di tutelare in relazione ai presunti attacchi di Ripepi, la Iachino dice “mai ho ricevuto piena attuazione rispetto all’indirizzo politico”.
Mentre sulla collaborazione dei Vigili, invitati ad accompagnarla per le ispezioni, ammette che le“si è risposto forse una volta su dieci”.
Resta il fatto che, dopo oltre un’ora di slalom attorno ai paletti della questione, non è chiaro di chi siano le responsabilità della irreperibilità dei documenti sul monitoraggio dei beni confiscati, né sulla consistenza degli stessi. Poche attività, ma ben confuse, quelle dell’ex delegata al settore, la quale non ricorda esattamente nemmeno il numero dei beni assegnati perché è da dieci mesi che manca dall’assessorato.
Non si entra in merito a nessuno dei punti contemplati dal regolamento sul monitoraggio dei beni, ciascuno dei quali è cruciale nell’appurare la trasparenza, sia nella concessione che nella fruizione degli stessi. Dove sono le carte relative all’elenco soci e lavoratori, ai bilanci annuali, alle polizze assicurative? Dove sono le relazioni semestrali sulle attività svolte, da redigere da parte delle associazioni stesse e verbalizzare da parte del Comune?. E ancora: il comune ha effettuato o meno le ispezioni dovute? La matematica e le sue quantità tipicamente discrete rimangono ben lontane dall’analisi esposta.
Attorno al nucleo di tali quesiti, che interessano da vicino tutti i cittadini della città quotidianamente al centro delle cronache di ‘ndrangheta, aleggia la nube del mistero e dell’indeterminazione, dell’imprecisione e dell’immancabile scaricabarile. In particolare, pare che la colpa sia ancora una volta, fondamentalmente, della precedente amministrazione.
A giudicare dalle dichiarazioni rese, il settore dei beni confiscati si sarebbe occupato, peraltro con gli scarsi risultati del tipo “non ricordo bene”, solo di tentare di ritrovare, col proposito di ordinarle le carte degli eventi precedenti, senza potere – tanto si afferma – per questioni di tempo, effettuare le operazioni dovute. Lasciando al contempo nel limbo le concessioni. Un “buffer burocratico” eterno.
A scudo della Iachino si pronuncia un Falcomatà nelle vesti di legale difensore, in particolare richiedendo al sottoscritto il tesserino e contestando la domanda sollevata sui criteri di assegnazione dei beni, giudicata non pertinente al tema dell’incontro, e fingendo di non capire che fosse diretta a fugare il legittimo dubbio su qualche altro affidamento “alla Miramare”.
Come mai è scomparso il conflitto di interessi dal regolamento dei Commissari prefettizi, ovvero la voce che impediva l’assegnazione a amministratori e dipendenti del Comune stesso?
Che ci sia un nesso tra il “disordine” riscontrato e la regolarizzazione del bene? Sarebbe bastato, nel dubbio dell’illegittimità, chiedere in ogni caso i documenti per poi, una delle due: confermare o revocare l’uso degli immobili.
Infine, sui botta e risposta con il consigliere Massimo Ripepi, che la stessa aveva innescato, insinuando che la sua ordinaria attività istituzionale di presidente della Commissione Controllo e Vigilanza fosse una sorta di ritorsione personale (senza mai chiarirne i presunti termini) la Iachino dice di non voler andare sul personale. Sic est: basta ritirare la mano, dopo aver lanciato il sasso, oltre che sulle vicende personali di Ripepi, anche su di un’intera comunità cristiana.
Cesare Minniti
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