A 75 anni dall’avvento del regime repubblicano, la ricorrenza dovrebbe sigillare la conquista di diritti civili correlati alla dignità dei lavoratori, su cui si fondano i valori del primo articolo della Costituzione, nonché la conseguente facoltà del Popolo di esercitare la sovranità che, ancora, gli appartiene da statuto: né l’una, né l’altra finalità paiono aver conseguito un’accettabile e funzionale statura in seno alla società italiana, né hanno sortito diverso effetto dal risvolto “capitalista”, se quello dovesse essere stato lo scopo di tutti i governi che si sono succeduti da De Gasperi in poi.
La più cruda realtà che si osserva nell’attuale mercato del lavoro (quando in essa troviamo gli elementi essenziali per definirla tale), sono, ad esempio, gli “stipendi” della cassiera del supermercato (300 euro al mese), il “voucher”, il cosiddetto “part-time” e tutto quanto vi è di necessario alla vivisezione delle giornate e settimane lavorative in contesti già cronicamente malati, oltre la disoccupazione, a causa di una gestione del lavoro distante da ogni indirizzo legale e sindacale.
La deriva dell’efficacia di un sistema sanitario e, in generale, di un Welfare è indirizzato verso una linea prettamente assistenzialista e bramosa di benefici inclusivi verso la massa delle ondate migratorie prive, per larga parte, delle necessarie notizie identificative; a proposito di ciò, l’aumento dei reati predatori, di carattere sessuale e, peggio ancora, l’impossibilità di avere la vaga contezza dei flussi di transito di cellule terroristiche, dovrebbe mettere sotto l’attenzione dell’opinione pubblica una festa che auspicasse le riscoperta dei valori legati ad unità e sovranità nazionali, costruiti e basati su un sistema lavorativo funzionale ad immediati benefici non solo economici, ma anche sociali, per i lavoratori, nel breve e più lungo termine, per le attuali e future generazioni.
Lavoro, almeno come siamo consueti pensare o, meglio, sognare: la creazione di un indotto utile allo sviluppo di più settori , consentendo agli italiani lo sfruttamento diretto delle risorse del territorio e, finalmente, un reale esercizio di diritti fondamentali che gli appartengono. Non verremo direttamente al sodo, ma ci porremo una domanda che funge da pietra tombale o da fondamento per la ripartenza economica Calabro-sicula, inerente al gettito fiscale generato dalla vera unica occasione, il solo autentico motorino di avviamento indispensabile al progresso economico del territorio: vale la pena, dunque, come ha fatto il noto geologo e conduttore televisivo Mario Tozzi, evocatore gli spettri di repentine catastrofi assegnate a vicine calende, al fine di accantonare il famigerato Ponte sullo Stretto, l’unico asso che le due regioni si trovino nella manica?