E’ vero, somiglia al tipico compagnaccio che vi rubava la merenda alle elementari, basta sostituire il bavero, il grembiule, ed è lui. Però, Salvini, seppur con un’autentica faccia da (Salvini), sta facendo bene.
L’Aquarius è giunto a destinazione senza vittime, anche perchè scortato da personale medico appositamente predisposto dal governo “razzista italiano”, che ha anche chiesto esplicitamente che donne incinte e bambini venissero curati in Italia. Proposta cristianamente doverosa, ma rifiutata : insomma, o arriva il vero carico, di clandestini palestrati e desiderosi di arrivare all’albero della cuccagna, o niente.
Quando arrivarono in America o in Germania, quegli italiani ingiustamente paragonati ai migranti odierni, viaggiavano non per scappare da preseunte guerre – che hanno sempre combattuto, come era doveroso fare, per difendere le proprie case, donne, madri, figli, noi e voi – ma per lavorare. Erano, sì, clandestini, ma senza pretese se non quella di entrare in qualche buco di miniera a respirare carbone per campare la famiglia fino a che non si moriva a scelta tra tubercolosi o detonazione di gas esplosivi. Con le debite ore di volo di analogia, anche tanti immigrati di oggi lavorano sottopagati, per 25€ al gg a Rosarno, è vero, ed è bene sottolinearlo, esistono gli onesti. Ma è bene sottolineare anche che in Calabria un operaio guadagna esattamente quanto un bracciante straniero, anzi con mensilità pari a 500€, quindi di 20€ giornaliere, direi che si guadagna anche molto meno.
Cosa rispondere alla classifica fasulla che gira su internet e ci propina “l’Italia all’ultimo posto per accoglienza in Europa” specificando, ma in piccolo, che la categoria rappresentata: “i rifugiati”, cioè quelli regolamentari? Se non che l’Italia è tra le prime per accoglienza di clandestini, ma la classifica dei clandestini non la stila nessuno.
Sarebbe bello che i nostri tassi d’occupazione, la sicurezza, il PIL, ci permettessero di garantire lavoro, educazione, integrazione e carriera a tutti, italiani e stranieri, ma così non è. Gli ultimi governi hanno contribuito al debito pubblico sperperando nell’affare-immigrazione esattamente come i governi precedenti avevano sperperato ed indebitato l’Italia. Si parla di 5000 miliardi in più l’anno per i clandestini, soldi che pagheremo noi e le successive generazioni. E che ne sarà dei clandestini stessi, dopo il loro tour italiano tuttofatto di espedienti, come furti, manodopera presso mafie varie, prostituzione, carcere e infine ancora disoccupazione?
Mi auguro che qualcuno dei super-buoni faccia i conti con la propria coscienza ed apra le porte di casa propria per adottare, se non l’odiato razzista, almeno qualche spacciatore impenitente. Riassumendo, per ora Salvini e Conte – a sorpresa – vanno alla grande e gli attacchi a loro diretti sono talmente pretestuosi ed ipocriti che fanno veramente bene alla coesione tra classe politica e popolo, dopo uno scollamento durato decenni. Si accarezza l’idea di una vera, inedita, unità italiana.
La sinistra capitalista italiana assapori la bile della propria sconfitta, sportivamente, o continui a inventarsi giustificazioni inverosimili, perchè le puzzette soporifere dei vari Saviano, Martina e Macron saranno l’antidoto al residuo dei prossimi votanti.
Si spera invece, con qualche legittimo dubbio, che nei prossimi mesi le speranze non vadano deluse. Che, cioè, qualcuno nella stanza dei bottoni, non ci abbia dato semplicemente un po’ di lenza per farci ingoiare meglio l’amo. Ma quella stanza, ammesso che esista, è la stessa dove i quadri del PD giocano a sentirsi meglio degli altri?
Grande onore comunque a chi ha smascherato la sinistra-non sinistra in questi ultimi decenni; questa è la vera svolta a cui possiamo finalmente assistere.
Verità , Giustizia, Dio…fanno paura alla “libertà “?
I campi di concentramento sono più vicini di quanto possa sembrare. Il ghetto, che ieri era riservato ai corpi, oggi è destinato all’anima. Puoi girare il mondo in lungo e largo, puoi fare pressocchè tutto, tranne nominare quei termini tanto cari ad un’ebrea che vide i suoi giorni finire in una prigione orrenda. “Verità “, “giustizia”, “Dio”. Perchè questi stessi concetti siano tanto odiati dai nuovi paladini della libertà , nessuno pare chiederselo. Che effetto fa sentirli oggi, nel 2018?
Parole impronunciabili: non è stata la Gestapo a bloccarli, ma una compattaVolksgemeinschaftil popolo stesso, i social, la filosofia spicciola di una schiera di atei e la scienza ignorante di alcuni boriosi le hanno ghettizzate. Al suono”verità “parte il risponditore automatico:”la verità non esiste”. Al suono”Dio”, sarete etichettati come ignoranti. Tutti si sentono estremamente originali e raffinati a non avere verità (e chi può dir loro che non siavero). Tutti si potranno sentire giusti semplicemente spostando l’asticella della giustizia a convenienza. Tuttifhurera se stessi, a spostare i capisaldi dell’universo in nome del culto del proprio ombelico. Una guerra pacifica, i guai sono solo per chi invade lo spazio delle pudenda: idirittidell’uomo-animale non si toccano. Per il resto, tutto è sequestrabile quietamente.
Anche il campo di concentramento di Anna Frank, prima di essere un incubo materializzato nello spazio, nella politica, nella cultura, nell’arte, fu nella mente di alcuni uomini.
Fu necessario cancellare nella coscienza collettiva i riferimenti, i valori, fu necessario sostituire a Dio, il culto alla personalità animale dell’uomo, per potere condurre un popolo la follia collettiva. E poi fu necessaria una propaganda massiccia, che tuttavia annichilirebbe di fronte a quella odierna.
Oggi il filo spinato è invisibile, ma graffia chiunque superi i limiti della censura, ostacola il buon senso come un muro invalicabile. L’opinione comune, precostituita, condanna chiunque esca fuori dagli schemi “democratici”. Puoi fare tutto, ma non puoi pronunciare le parole che ti consentono di scavalcare il recinto animale ed elevarti. Le parole più importanti, quelle stesse che impediscono che l’uomo sprofondi nella miserabilità , di cui la violenza è solo una delle conseguenze.
Prima viene il nichilismo materialista, poi segue la vera fobia, che è quella di Gesù Cristo, della verità , della gustizia. La disperazione che ne segue porta alla follia, individuale e collettiva. Nella follia, l’uomo scatena la propria rabbia verso se stesso e verso altri uomini. Con tutta evidenza, il libero culto al proprio ombelico, chiamato oggi “libertà ” non la previene.
L’uomo”moderno”, è costretto a fare girare la sua vita alla pari di un criceto, nel cerchio chiuso di un”compra e mangia, godi e muori”, senza la prospettiva eterna che gli conferisce dignità come figlio di Dio. Ha perso la propria umanità ; riesce a simpatizzare a stento con i poveri animali che schiavizza per ottenere l’affetto che non riesce più a produrre trai suoi simili.
Portiamo quei termini fuori dal ghetto, o vi entreremo noi senza rendercene conto.
(un cristiano)
Reggio vs Cosenza: trova le differenze
Megaconcerto con rockstar internazionale incorporata a parte, l’alberellomancava anche a Cosenza. Anche a Cosenza mancava l’alberello perchè non ci entrava, c’erano 100.000 tra cosentini e forestieri, il Sindaco, la sicurezza, tutto. Mancava anche ildeep club, ma tutti gli altri club c’erano e stretti stretti: non c’entravano tutti, li pregavano che si ritirassero per il sovrannumero e probabilmente anche il parroco locale, anzichè inibire, sarà sceso in piazza a dar man forte, incensando la calca ed i decibel, linfa vitale per l’economia.
Questo potrebbe portarci a trarre ragionamenti sconclusionati sulla differenza sostanzialmente politica che porta due città , peraltro allineate per latitudine, problemi di mafia eccetera, due città gemelle insomma, a due scenari totalmente opposti. L’una, Cosenza, con Skin il parroco ed il Sindaco a vegliare su una vera festa; l’altra, Reggio, col Sindaco barricato assieme ai poliziotti dentro una caserma a sorvegliare piazza Duomo deserta contro eventuali invasioni di male intenzionati pronti a piantare una cassa acustica o un alberello di Natale in mezzo al cemento. Sia mai.”Divertitevi- ci assicura, ma ironicamente, il prodigo organizzatore del nulla a Reggio Calabria-che alla vostra sicurezza pensiamo noi”.
I cosentini sembrano avere decisamente più fortuna in termini di classe dirigente, ma per gli scettici è solo apparenza. Il loro Sindaco, apparentemente efficiente, apparterrà a quella specie di “amministratori precedenti”, quelli di prima della svolta, che ti riparano le strade, ma rischiano buchi nei bilanci, che ti fanno anche buona politica ma con pessima dizione, che scendono in piazza ma col ciuffo spettinato, che ti organizzano città universitarie ma sono di destra. E poi, anche questi mega eventi, chessò, finisce che i ragazzi si accoltellano o ti riempiono di cicche per terra.
A smentire, la nota diffusa dal sindaco Mario Occhiuto: “Il primo gennaio la citta’ si e’ risvegliata in perfette condizioni igieniche e di pulizia con un rodato sistema operativo.(…) A terra, infatti, non si sono viste distese di bottiglie di vetro. Ogni cosa ha funzionato al meglio per l’intera notte fino all’alba, quando ancora riecheggiava la musica della mega discoteca all’aperto di piazza Bilotti con i deejay di Studio54Network.” Insomma, a Cosenza l’ordine riescono a mantenerlo anche a città vivente e senza fustigare i cittadini sul web. Come mai?Forse là , i “lordazzi”, quando passano coi mezzi di pulizia, li aspirano calabresi e li sputano svizzeri?
Maaspettiamo a farci venire la classica schiuma da invidia schizofrenica. Perchè le città del Sud sono tutte così, ad un certo punto sembrano andar bene. Ti riparano le strade e le riempiono di turisti, ma dopo qualche anno ce le commissariano e si chiudono aeroporti, teatri, piste sciistiche baracche e burattini.
Meglio abituarsi prima, dire si all’Amministrazione prudente, che si accontenta del nulla per la città . E che il Sindaco fustighi con sarcasmo e gatto a nove code i suoi miserabili che non vivono come dei sudditi perbene, sbattendoli in mondovisione, se del caso, questi “lordazzi”, questi galeotti, questi vinti. “Cosenza bellissima” annuncia Occhiuto, “Reggio lordissima” Falcomatà .
Certo pare larghissima questa svolta, che dall’affollata strada della perdizione ha portato i reggini tra vallate più deserte e buie, dove fanno clamore anche le scoregge dei lupi – presto saranno vietate anch’esse con ordinanza amministrativa, tra lo sfottò di Cosenza ed il trionfo di Catanzaro.
Mentre Reggio perde voli, giovani, occasioni e dignità , forse scopriremo che paralizzando la città con una politica fantoccio, non si è prodotto nemmeno la tanto agognata legalità . Che nella miseria, si sa, non è mai attecchita.
SCILLA (RC) – Un Natale al buio
Entrare in un qualsiasi borgo storico il 24 Dicembre ha un preciso significato, principalmente luce. Addobbi, presepe vivente, e via discorrendo.Questo il pensiero di un cronista che parcheggia la sua piccola utilitaria per scattare le solite foto: il Natale, gli alberelli, i vicoli affollati. Quelle quattro cose lì che, inserite nel contesto giusto, e diamine nessun contesto sarebbe migliore di Chianalea, rendano onore alla fama del posto e facciano entrare quattro soldi nelle tasche degli esercenti che eroicamente tentano di rimanere aperti al pubblico. Anche in inverno.
Entrare a Chianalea oggi è stato come fare un salto nel buio.Pochi o nessuno percorrevano i vicoli desolati di questo gioiello calabrese, dove la presenza piuttosto indiscreta di nessun alberello decorato da alcuna luce od altro minimo segnale natalizio farebbe calare il gelo fin dentro le interiora del più ottimista degli avventori. Giusto quattro gatti, spettinati, che ti spiano all’unico – eroico – bar aperto a fare luce nelle stradine drammaticamente buie.
Ci si domanda: ok Babbo Natalequest’anno avrà dato buca. Ma c’è un’amministrazione, in questi luoghi?
Chiacchero un pò con uno dei quattro esercenti superstiti. Si conviene che, pur non avendo soldi, il Comune (che quest’Estate, c’è da dire, ha preparato un’agenda ricca di eventi e spettacoli di tutto rispetto) avrebbe dovuto almeno dare un segnale d’allarme, dire: “gente, quest’anno non ci sono soldi, facciamo una colletta per salvare il salvabile?”
Il punto non è tanto il flusso di turisti, piuttosto esiguo ma destinato a rimanere tale se si dà l’immagine di un luogo desolato. Le immagini girano, e l’immagine che dovrebbe girare di questi posti a Natale dovrebbe essere quella di un presepe vivente. Scilla potrebbe attrarre visitatori tutto l’anno. Ma per farlo, non può permettersi il lusso di risultare fredda deserta e buia.
SANITA’ – Quando Oliverio la vede “Scura” ma poi desiste
Solo qualche giorno fa, il governatore calabrese Mario Oliverio, giunto al terzo anno del suo mandato, che di più piatto c’è solo l’orizzonte estivo, ci ha fatto sobbalzare dalla poltrona con un colpo di scena: “Se non si mette fine al commissariamento sulla sanità , mi incateno a Roma”. Perchè l’incubo ossessivo di Oliverio, da sempre, è questa gestione commissariale della sanità , esattamente da marzo 2015 quando, con un decreto del Consiglio dei Ministri, Massimo Scura è stato incaricato di dare attuazione ai decreti per il piano di rientro e mettere la pezza su una posizione debitoria del settore sanitario a dir poco paurosa, un disavanzo che, nel 2010, l’allora governatore Scopelliti quantificava in 870 milioni. In questi due anni tuttavia, Mario Oliverio non ha mai scordato quel settore che di fatto rende “monco” il suo mandato, tra i suoi pensieri assillanti c’è il nuovo ospedale di Cosenza, del quale si parla con accanimento per decidere dove costruirlo; da settembre riaperto l’ospedale di Praia a mare (CS) che era stato chiuso su decreto dell’ing. Scura, scelta ribaltata dal Consiglio di Stato. Molto meno slancio per il sud della Calabria. Anzi, ad onor di cronaca due mesi fa a “Cantiere Calabria” Oliverio faceva riferimento ad un ospedale per Gioia Tauro. Notizia positivissima se non fosse che intanto le strutture reggine esistenti dovrebbero certamente essere potenziate con organico e risorse, fatto arcinoto e ribadito fino alla nausea; sul piede di guerra la Locride, con in testa il sindaco di Locri Giovanni Calabrese che, contrario alla chiusura dell’ospedale e portavoce della protesta, addossa parte delle responsabilità al dg dell’Asp di Reggio Brancati e su Oliverio che, anzichè rimuoverlo, pensa a far la guerra a Scura; insomma non c’è pace per la Locride che dopo aver visto l’ospedale di Siderno protagonista di penose vicissitudini a partire dal 2007 sotto il governatore (Margherita) Agazio Loiero, ora rischia lo scippo del presidio di Locri.
Uno spiraglio si era comunque aperto lo scorso luglio per De Luca, presidente regione Campania, e il nostro Oliverio, i quali speravano che per le loro regioni, entrambe commissariate nel settore sanitario, si potesse finalmente mettere fine a questa fase e assumerne finalmente la responsabilità politica. Vincenzo De Luca viene nominato commissario per il piano di rientro, fumata nera per Oliverio che se ne torna in Calabria con una sconfitta bruciante. Ma la riapertura dell’ospedale di Praia a mare gli ridà fiducia, prima annuncia gesti eclatanti, poi chiama a raccolta i sindaci calabresi perchè lo affianchino nella sua battaglia per togliersi dai piedi Scura. Certo è che mancano pochissimi mesi e si andrà al voto, servirà dunque un miracolo ad Oliverio per ottenere le agognate deleghe alla sanità prima di correre il rischio di avere a che fare con un governo ancor più “nemico” di quello attuale. Intanto però la “sirena” Beatrice Lorenzin, ministro della salute, lo chiama da Roma per un incontro e lui sospende la protesta. Attendiamo.
CALABRIA – “Nonostante la sua cattiva reputazione” la stampa (straniera) se ne innamora
Come sia diventata un luogo comune, è difficile a dirsi, ma è successo. La bellezza della Calabria è ormai una strada battuta, che si calpesta diretti verso altri obiettivi. Ci si concentra sulla Calabria per il dovere di cronaca, cronaca nera, cronaca di ‘ndrangheta. Lo si fa passando attraverso certe scenografie divine che però non sono una notizia, sono stati sempre lì, come le spiagge e i crepuscoli viola di Leonida Repaci. Muti in attesa di qualche barile radiattivo, di qualche discarica, di qualche morto che le faccia cantare. Come gli uliveti, gli agrumeti, le distese di macchia mediterranea, dimenticate finchè qualche incendio non ce le ricorda. I paesi sono in attesa di spari per farsi raccontare, per il resto crollano. I palazzi del centro storico di Tropea, cadono a pezzi. Gli alberi della Via Marina cadono (qualcuno dice per il caldo). Ed è anche un problema di stampa.
Tutto viene agli onori della stampa per essere compianto ed inumato, ed è una pessima abitudine.
FUORI DALLE PARENTESI (ITALIANE) CALABRIA SIGNIFICA BELLEZZA.
Poi d’improvviso, mentre siamo anestetizzati, induriti, arresi al silenzio sulla bellezza, silenzio accecante – mentre non assordano le grida di certa stampa autoctona, che quando non trova del male se lo inventa – qualcuno si accorge di noi, o meglio di lei. La Calabria.
Ci sono degli Stati, diversi da quello italiano, che non soffrono dei deja-vu giornalistici rispetto al Sud come “quel grosso problema della “ndrangheta”.
Così, quei giornali di quegli stati che non ci vedono come un problema scomodo, scomodo persino da raggiungere, si accorgono dell’esistenza di una Calabria bella, soprattutto bella, ed è una notizia italiana inedita.
America, Francia, Germania passano di qui per caso ed esclamano: ehi, non sapevamo dell’esistenza di un paese dalle spiagge divine e dal cibo squisito. E per loro, per questa interpretazione accidentale ed esotica rispetto al parlato italiano, la nostra meravigliosa bellezza si svela per ciò che essenzialmente è. IlNew York Timesfaquel che non sanno fare i giornali nazionali e locali: fare una pubblicità onesta, ed inserire la Calabria37matrai 52 posti assolutamente da visitare al Mondo.Subito dopo le Maldive.
“NONOSTANTE LA SUA CATTIVA REPUTAZIONE”: MA CHI LA COSTRUISCE?
“Nonostante la sua cattiva reputazione”. Cosìle Monde,ha scrittodella Calabria pochi giorni fa :”I turisti scoprono il suo patrimonio, le sue belle spiagge, la sua meravigliosa cucina.”
“Quando si parla della Calabria, si tratta solo di storie di crimine, o il turismo, comincia- dichiara Donati -sono voluto andare oltre”.Ci volevano le foto diSimone Donati, fotografo fiorentino, e bisognava che trovassero un corrispondente da Roma per Le Monde in Francia. Le vie del Signore, per segnalarci ai turisti stranieri possono apparire strette e tortuose. Ma tant’è, le foto dei calabresi, non trovanocorrispondenza d’amorosi sensiin Italia.
“Dalle sublimi località balneari di Tropea e Scilla- scrive ancora l’autorevole quotidiano francese – alle affascinanti vedute dello Stretto di Messina offerte dalle sponde di Reggio, questa regione comincia ad attirare i turisti,nonostante la sua cattiva reputazione”
“Infatti, con il patrimonio archeologico inestimabile e sconosciuto, una cucina deliziosa e spiagge paradisiache – il tutto a prezzi bassi – in Calabria non mancano offerte interessanti.”
Non sono gli occhi del padrone ad ingrassare il cavallo. A spronare ad uscire dalle grotte, dalle trincee, per mostrare il lato buono di un popolo. Gli occhi dell’amore, sdoganano noi e gli altri dal “dovere” di essere sempre il peggio. Questo manca nell’informazione.
Poi manca l’Aeroporto per fare arrivare i turisti, i porti per le loro navi, e la regolamentazione dei prezzi di mercato nel settore turistico.Di questo, prima o poi, dovrà occuparsene seriamente lo Stato.
Disarcionato dal cinghiale bianco, Falcomatà si infuria. E minaccia di fare il Sindaco davvero
Finisce l’era del cinghiale bianco, per il nostro Giuseppe, che lo cavalcava con disinvoltura da dentro un baldacchino, facendo ciao con la manina come unico atto di concessione allaplebereggina abbagliata dal concetto dinobiltà di nascita. La venuta delfanciullo del destinoavrebbe risollevato i popoli ed aperto una nuova era di purezza e innocenza per la città , ma era una falsa profezia. La favola bella, che ieri illuse Reggio, prevedeva slogan ottimistici cadenzati da mesi di ozio filosofico, necessari all’enfant prodigeper elaborarne di nuovi. Ma qualcuno si è accorto della stasi. E non solo a Reggio.
Bisognava fare niente sì, ma senza farsi notare, gli avranno rimproverato dal Partito. E così la balenottera PD, che fagocita qualsiasi cosa in grado di lievitare il suo elettorato, ha inghiottito l’unica persona valida della sua giunta: due piccioni con una fava. Garantirsi cheAngela Marcianònon si occupi di cose periferiche come Reggio, procacciandosi una’altra toppa nuova per rammendare il vecchio vestito renziano e assieme togliere l’ormai impopolare spina svoltistica nel fianco elettorale.
Stracciate le foto delle passeggiate sul lungomare assieme a lui, che l’ha tradito, e gettatele in mare, Falcomatà medita seduto sugli scogli la vendetta per un simile bidone. Tra un selfie ed una lacrima, salta fuori la cosa che proprio il PD non sopporterebbe: un sindaco che lavori davvero.
Il piano è ottimo, ma rimane da vedere come attuarlo. Falcomatà , che tutto è fuorchè uno sprovveduto, gettato senza paracadute da Roma, si accorge della voragine che gli sta sotto, tanto per citare esempi sparsi:Waterfrontmai costruiti, diRoof Gardenraccomandati e cancellati,Aeroportiprossimi alla chiusura,rubinetti secchi,giornalisti punitiper il reato di giornalismo, troppi “non sono stato io” esclamati con le mani nel sacco.
Bisogna allora dare una svolta alla svolta: una rivolta, una specie di lotta di classe in chiave radical.
Il Sindaco non deve apparire scaricato, anzi, dev’essere quel Che Guevara che sa sfidare il gigante del potere, un indomito, un irredentista, quello che mai è stato: un duro.
Così pronuncia l’impronunciabile, e levatosi unaPaciotti, la scaglia contro il carro del Partito in fuga. Si permette di affermare, con toni di inedito “campanilismo”, che “più che Reggio quello inutile è Riggio”. E poi osa ancora di più, con un’iperbole che ammicca all’interpretazione populistica della mafia come male che si innesta nell’indifferenza dello Stato: ” l’AgenziaNazionaleBeni Confiscatinon può andare via, altrimenti non ha più sensoindignarsiper ibaciamanoai boss”.
Dice bene Giuseppe. E’ uno scippo, che l’Agenzia dei Beni Confiscati , cioè la Sede centrale di tutta Italia che era stata portata a Reggio per l’abilità politica delle amministrazioni precedenti (di centro-destra, le quali non hanno solo colpe)si trasferisca a Roma. L’Agenzia, è unica possibilità che la parte onesta di Reggio ha di recuperare il maltolto dalla ‘ndrangheta e piazzare qualche cerotto all’economia locale, alle tante iniziative lodevoli della società civile: dei superstiti, insomma.
Dal momento in cui il centrodestra aveva ottenuto la sede dell’Agenzia a Reggio nel 2010 – inaugurata daMaroni, governoBerlusconi, SindacoGiuseppe Scopelliti- c’erano terreni confiscati che diventavano agriturismi sostenibili, strutture che diventavano centri di servizi al cittadino, centri di cura e accoglienza, cooperative e molto altro. C’era una parte delle ricchezze sottratte a Reggio con sangue, estorsioni, ricatti, paura, che stavano tornando lentamente dalla parte dei buoni. Troppo bello.
Adesso la sede centrale dell’Agenzia si trasferirà a Roma, da dove Ministri che sguazzavano nel fango del Sud, ma che il Sud ha gentilmente catapultato in Parlamento – politici per lo più impegnati tutti questi anni a farsi i cazzi propri (chi ha pensato aMarco Minniti?) schiveranno le nostre pratiche giusto in tempo per continuare a farsi meglio i cazzi propri. L’alternativa a quest’ipotesi sarebbe che facessero un’eccezione per l’Agenzia dei Beni Confiscati – laddove non hanno mosso un dito per tutto il resto – ma si capisce bene che non c’entrerebbe nella curva probabilistica.
Eppure sembra ieri che Falcomatà marciava a passo d’oca dentro il Palazzo della Provincia, tanto per significarci,con slide di vendetta e sottofondo musicale dai peggiori bar dei Caracas, che i giornali sono maligni e superbi, ma lui ed i suoi amici del Lingotto di Torino avrebbero salvato ugualmente il pianeta (bontà loro). Aveva parlato conDelrio, cenato conCarbonee fatto jogging conRenzi, conquistando, così com’era culo e camicia con tutti, importanti risultati, risultati che non avevano (è questa una costante dell’Amministrazione) uno straccio di documento a corredo, essendo del tutto fittizi.
Che il pesce puzzasse dalla testa lo avevano denunciato un paio di consiglieri di minoranza – per la destra quasi estinta,MassimoRipepidi Fratelli d’Italia e dal profondo rosso, qualche compagno delPCI– tutti pesantemente ignorati, vuoi dalla boria di chi si professa apolitico e super-partes (ma da qualchepartessarà pure incentivato allo snobismo inoperoso) e dall’altra dai delusi di comodo, che i figli ce l’hanno fuori e camperanno questi altri anni di pensione dedicandosi alla pesca, alla buona tavola o alle sale scommesse. Cittadinanza attiva, non pervenuta.
La città è malata ma il medico in questo caso è anche peggio. Un Governo capace di far chiudere i musei all’apertura della stagione estiva, non si può umanamente classificare. Dovrebbe sublimare alla vergogna di certi suoi orrori, invece rimane compatto , si trasforma per continuare a rimanere quello che è. Ed ora ci sfila l’Agenzia da sotto gli occhi, lasciandoci il ruffiano imbellettato come capro espiatorio da scorticare vivo per i nostri mali e come triste souvenir dell’illusione che essere azzerati del tutto sia un buon inizio per cambiare . Peggio che un pugno di mosche.
Aeroporto: la politica “platonica” di chi non partecipa, ma vince lo stesso
E’ stata dannatamente triste l’apertura alla conferenza di Sabato scorso, a Palazzo Alvaro, con la proiezione sincopata di titoli di giornale che gridavano vendetta per l’onta subìta dal Sindaco. Colpa, ovviamente delle amministrazioni precedenti, ma anche di quel giornalismo cinico e baro – quello cioè che, esterno all’ufficio stampa PD, non deve chiedere permesso prima di dire la verità .
Il fatto poi che col suo modoplatonicodi intendere la politica – che ben lungi dai contenuti della Politèia che ama tanto citare, consiste piuttosto nel fare dichiarazioni senza poi concludere nulla – Falcomatà non abbia convinto nè illuminato nessuno, lo ha fatto imbestialire al punto che terminate le diapositive, non avrebbe stupito vederselo piombare sulla platea e giustiziare i giornalisti uno ad uno – annegando nel sangue obiettivi e Moleskine che tanti dolori procurano, con la loro cronaca dei suoi antefatti (dis)amministrativi.
Ma la domanda era: dopo il mega incontro romano con Delrio, de Vincenti, Marco Minniti, il prefetto di Bari, sottosegretario Nencini, Alitalia, parlamentari, Anci, Enac, perchè non sprecarealmeno una diapositivain più per mostrare uno straccio di documento scritto a prova del raggiungimento di questi risultati stessi?
Prima di trarre le ovvie conclusioni, cioè che si tratta del solito espediente del Sindaco per rinviare il linciaggio, abbiamo ritenutodoveroso, punto per punto, dissipare ogni dubbio sull’eventuale concretezzadi conquiste apparse sin da subito fumosissime.
Se il risultato ètrattenere Alitalianel nostro scalo per un altro mese – fino al 30 Aprile, ma già da maggio i voli non sono prenotabili – “la cura è stata peggiore della malattia”, (tanto hanno affermato stamane in conferenza i consiglieri Massimo Ripepi e Lamberti Castronuovo, presso ilsit-in aeroportuale):
In pratica l’esborso di un milione racimolato tra Regione Città Metropolitana e Comune come la liquidazione del debito della Regione (che poi debito non era) di 1,8 milioni ad Alitalia, con l’actus fideidi credere che qualcuno degli 12 milioni di fondi europei destinati agli scali calabresi cadrà anche sul piatto di Reggio – traguardo non di Falcomatà ma casomai del Presidente Oliverio – cosa dovrebbe produrre?
Il prolungamento dell’agonia del Tito Minniti, che attualmente tira avanti con pochi voli, per altro male organizzati.Orari improbabili(partenze: Reggio-Roma 12.05, Reggio-Milano alle 16.30 mentre al ritorno Roma-Reggio alle 14.35 e Milano-Reggio alle 9.40) stando ai quali non è possibile prendere l’aereo per arrivare a destinazione la mattina per poi ripartire in giornata; bisogna arrivare la sera prima e pagarsi da dormire, per poi partire il giorno dopo. Tutto ciò rende forse preferibili le care, vecchie rotaie. O forse lo scalo di Lamezia?
Quanto al disastro in atto, come detto, Falcomatà si discolpa affermando di non aver potuto agire che da un mese. Il che risulta palesemente falso visto che la minoranza consiliare vanta due anni diconferenze sul tema, puntualmente snobbate ed unamozione bocciata. L’azione amministrativa di Falcomatà si esplica nel lasciare allo sbando la città per salvare qualche percento all’ultimo istante. Infatti quando le condizioni peggiorano a dovere, tenere su qualche giostrina e magari un volo in aeroporto, conferisce all’azione politica quel taglio adrenalinico che fa scattare l’applauso di sollievo anche per le cose più scontate. Ma passiamo alle altre due perle del suobottino romano:
Secondo il Sindaco, Enav sarebbe in grado di sfornare in tempi record, entro Novembre 2017, un nuovo sistema di navigazione satellitare in grado di “accompagnare” gli aerei nella discesa nelle nostre piste, non delle più semplici a causa delle ridotte dimensioni, delle asperità circostanti e delle correnti d’aria dello Stretto.Questo rilancerebbe l’appetibilità per le compagnie low-cost, i cui piloti non posseggono il brevetto speciale necessario per l’atterraggio sulle nostre piste.
Bastano tre righe sul sistema satellitare proposto,cioèl’avanguardistico GBAS(Ground Based Augmentation System) per chiarire che si tratta di una panzana colossale.
Intanto il GBAS non è l’ILS, sistema collaudato da decenni, e nessuna compagnia low-cost è attualmente equipaggiata con la strumentazione corrispondente, a bordo aereo, in grado di interfacciarsi con tale sistema a terra. Sarà per questo chesolo quattro aeroporti, in Europane sono equipaggiati.
D’altro canto l’Ils, cioè il sistema alternativo, non è in grado di gestire le traiettorie particolari con cui gli aerei devono atterrare. Tutto ciò ci fa pensare, più che ad un traguardo per il prossimo Novembre, all’inizio di un interessante, ma di un lungo percorso per trovare il sistema adatto, chissà in quale dei prossimi decenni.
Sulla famosacontinuità territorialec’è da dire, stando alle parole del sindaco, tutte da verificare, che un minimo esborso per avviarla, di 300000€ è stato fatto da parte degli enti locali ed è forse l’unico vero passo avanti. Impossibile però che tanto basti a cambiare le sorti dello scalo, pur agevolando la nuova società di gestione (SACAL) nel suo insediamento iniziale. Risulta impensabile quindi quanto prospettato, cioè che nel breve periodo nuove compagnie low-cost siano disposte ad insediarsi.
Cosa fare allora per rianimare l’aeroporto?Un’occasione chiarificatrice è venuta dallaconferenzatenuta dall’opposizione stamane al Tito Minniti.
In particolare, il consigliere Ripepi, che aveva intuito il nocciolo della questione, ha fatto riferimento aduna ricercadel professor Domenico Gattuso, docente all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, dove si indica la priorità , su tutte, del riconoscimentodello status di aeroporto Strategico e Internazionale, ottenibile con l’implementazione dei collegamenti interni metropolitani interni a Reggio e di quelli marittimi con Messina, che allargherebbe il bacino di utenza dello scalo aun milione e mezzo di cittadini. Solo con la qualifica strategica ed internazionale (attualmente l’aeroporto è qualificato come locale) l’aeroporto assumerebbe la rilevanza politicacapace di fare arrivare le giuste attenzioni. E sovvenzioni.
Purtroppo, però, non c’è traccia di investimenti in direzione del miglioramento viario, nel piano di interventi programmati per il Patto per lo Sviluppo della Calabria, che sembra invece orientato piuttosto (come si evince dal degrado delle strade e dei collegamenti extraurbani) a perpetuare l’isolamento delle periferie Metropolitane.
Quanto ai 44 dipendenti che, come si evince dal discorso di Sabato, si avviano ad attaccarsi al tram, è pacifico che le responsabilità siano di Sogas. E tanto basta a tranquillizzare il Sindaco, che se da un lato asserisce con tono neo-melodico di non dormire sonni tranquilli smaniando per i lavoratori, dall’altro non presenta alcuna traccia di quelle occhiaie che solitamente corredano il volto degli insonni.
Inutile puntualizzare che il Sindaco, visti i non risultati, non ha minimamente fatto cenno all’opportunità di dimettersi,come promesso. Meglio prendere in giro la città e gridare vittoria sperando che qualcuno abbocchi.
Che poi uno vorrebbe anche risparmiarselo, questo onere di dover descrivere certe performance e fare chiarezza sulle manovre oscure di un uomo dal cognome onesto, ma che sa mentire bene guardando la gente dritta negli occhi.
Certo l’educazione al teatro, ricevuta nella fanciullezza, deve averlo aiutato innumerevoli volte, in questi due anni, a vantarsi di risultati che non ha mai ottenuto.
Ed un giornale, per quanto ben disposto verso un pregevole cognome, non può non rilevare il teatrino dell’assurdo, gli atti di autocelebrazione così grotteschi, falsi e inopportuni, organizzati di mese in mese a copertura del declino della città , dei più scottanti trai suoi problemi. Di certo, non saranno questi gli ultimi della serie.
Falcomatà e l’arte dello storytelling renziano ai ferri corti con la realtà [VIDEO]
Dopo le recenti dichiarazionile finte letterine di presunte bimbe ostentate sui social e tutti quegli annunci lacrimosi improntati sulla necessità di ammainare le bandiere politiche per difendere l’Aeroporto, pensavamo di aver toccato davvero il punto cedevole nel cuore del nostro Sindaco, quel pulsante magico che lo distraesse un pò dal logorante tamtam che un politico del suo calibro è costretto a subire quotidianamente per via delle pesanti partite a calcetto o a calciobalilla, attirando le attenzioni di questo nobile di toga anche sulle urgenze della plebe reggina. Soprattutto quando Falcomatà aveva annunciato “compattezza e unità “, ci avevamo creduto.
Ma a proposito di nobiltà , è noto che alcune attività , per esempio quelle manuali se non strettamente ludiche, risultino assolutamente da evitare potendo comportare finanche la perdita dei diritti di nascita – figurarsi quindi firmare una petizione popolare per l’Aeroporto, avvicinerebbe pericolosamente l’èlite ai comuni cittadini, oltretutto stare al duemilatrecentesimo posto in una lista di persone qualunque potrebbe infliggere un colpo mortale ad eventuali esasperati complessi di superiorità .
Da sempre restio a concedere interviste a giornali non assertivi o addirittura spesso dissidenti come il nostro – giornali da cui si ritrae schermendosi come un vampiro al sole mattutino – viene difficile credere che il nostro Sindaco non sapesse (come ha dichiarato) della petizione in corso, nemmeno considerando l’abituale distacco sulle ordinarie sventure del suo possedimento reggino. D’altra parte, Falcomatà aveva dato prova d’avere almeno quel guizzo progressista in grado di consentirgli – oltre che l’uso intensivo di Facebook per il consueto storytelling – anche la facoltà di “apprendere le notizie dai giornali” così come avvenuto nel caso dell’abbandono di Alitalia annunciato per il 27 Marzo.
“Di cosa si tratta?” – ha chiesto comunque tanto per gustarsi un ultimo sfottò ai presenti. E’ sottile, fa lo gnorri il nostro sindaco. Prima di dire no alla richiesta di partecipazione ad una protesta cittadina, ci tiene a farti capire che la considera zero, che zero vale la loro protesta, che zero valgono i presenti, che zero valgono i giornali che non dispongono le lingue a mo’ di tappeto al suo passaggio sempre diretto, sempre senza fermate intermedie nel mondo della realtà .
E dire che aveva annunciato gesti eclatanti per il Tito minniti. E difatti, puntuale come l’aereo di ritorno da Torino, dove aveva festeggiato Renzi al Lingotto, ha in maniera eclatante schivato Delrio sulla questione aeroportuale, ed arrivato a Reggio ha dribblato uno per uno, anche i ragazzi della raccolta firme per la difesa dell’Aeroporto. Una svolta a destra, una a sinistra, il Sindaco si è defilato in maniera eclatante, con l’odio cortese di sempre.
Viene quasi da ingelosirsi di Messina, visto che invece quel simpaticone del Sindaco Accorinti, arrivato poco prima, ha firmato quella petizione contro la chiusura aeroporto (che oltretutto è l’unico collegamento possibile con la Jamaica).
Accorinti non sarà un sindaco modello, ma si è accontentato di annunciare in campagna elettorale la volontà di “partire dal basso”, e tanto ha fatto mischiandosi alla gente in battaglie a volte discutibili, ma rimanendo fedele alla gente.
Non così il nostro primo cittadino, che non si è lasciato coinvolgere nemmeno come abituale utente dello scalo che dovrà servirgli fino a quando decollerà , diretto all’Olimpo parlamentare dove calerà definitivamente il siparietto su una città che lo ha sostenuto, e continua a sostenerlo, ipnotizzato probabilmente dalla bacheca Facebook dove gli dei ex-machina del nostro Sindaco “virtuale”, continuano ad almanaccare storie epiche e gesta gloriose, che nemmeno RaiLux ai tempi del Duce.
Un pò di rimorso rimane, per non averle tentate tutte. Avremmo dovuto, per ottenere la partecipazione, dire che si trattava dell’iscrizione a un torneo di calcetto, o di biliardino, o di un aeroporto per bambini con aeromodelli in scala. Avremmo dovuto dire che l’aeroporto serve per più nobile causa, rispetto alla mobilità di una città abbandonata a sè e priva dell’intendimento per rendersene conto.
Reggio, una donna “al telefono che non suona mai”
Ieri è stata celebrata la Giornata internazionale della Donna, momento di riflessione per ricordare le lotte per i loro diritti, le discriminazioni costrette a subire, le violenze patite. Reggio, insomma, non ha avuto nulla da festeggiare. C’è una notizia che ieri, 8 marzo, è stata buttata lì alla stregua di un cucchiaio lanciato nel lavandino nel cuore della notte dopo aver fatto visita al barattolo di nutella, sperando però facesse meno rumore e passasse in sordina, ma più dolorosa dei sensi di colpa il mattino seguente; più desolante delle condizioni dell’asfalto delle nostre strade; più triste dei carri che a Carnevale hanno sfilato sul Corso Garibaldi e hanno tentato di propinarci come fantasmagorici.
Reggio per mesi ha aspettato “al telefono che non suona mai” come molte ieri sera hanno cantato al karaoke nei locali tra brindisi a iosa e poveri spogliarellisti dati in pasto ai leoni. Una donna illusa da uomini che promettono fedeltà , di amarla, di rispettarla; sedotta e abbandonata, mollata con un semplice messaggino e senza il coraggio di una chiamata.
Dal 27 marzo Alitalia abbandonerà definitivamente l’Aeroporto dello Stretto, una minaccia millantata un po’ di settimane addietro, ora diventata reale come i sei goal del Barcellona al Paris S.G. ieri sera in Champions League. Perdite economiche sono le motivazioni addotte dal vettore, ovviamente privato, come in ogni relazione alla cui base ci sono meri interessi e non amore. Ma qui il fedifrago non è Alitalia che deve rispondere anche alle esigenze del suo portafogli, bensì tutti gli amministratori territoriali che avevano dichiarato con serenate e mandolini sotto la sua finestra di voler fare della città il loro sogno d’amore, l’hanno vestita da regina, città metropolitana di cui rimane solo il titolo nobiliare e nulla più. Una città trattata da amante alla quale si dedica qualche contentino nei ritagli di tempo e promesse per tenerla buona, bistrattata da smanie di fumoso protagonismo politico e niente arrosto. Una Reggio dal cuore imbruttito, zavorrata dalle sue idee per nulla creative, “cinesate” che l’hanno gettata in fondo alla classifica per il bando sui progetti di riqualificazione urbana; costretta ad arrangiarsi e stare a guardare mentre il resto del mondo, e in questo caso altre parti della Calabria, va avanti e fa i propri giochi.
Come in ogni pseudo-relazione, esiste un punto di non ritorno, dopo tanti rospi mandati giù che spingono uno dei partner a troncare e non voltarsi più indietro, dove non bastano più un mazzo di rose, vecchie promesse rispolverate e lacrimuccia compassionevole, dove la fiducia lascia il passo alla rabbia e alla voglia di mettere alla porta lo stronzo. Reggio ha bisogno di uomini politici che la amino davvero, che non giochino a nascondino come le marmotte tra gli anfratti rocciosi sul Gran Sasso, uomini che si assumino di petto le responsabilità e suonino alla sua porta anche sotto il temporale. Reggio ha bisogno di principi azzurri, possibilmente cavallo-muniti visto che di questo passo…