Sarà un inguaribile pessimismo, ad impedire ai cittadini di guardare il mese mezzo pieno d’acqua concentrandosi invece nell’anno mezzo vuoto; oppure è intollerabile che l’acqua manchi, in interi quartieri di una città come Reggio Calabria, per giorni? L’Amministrazione supera l’iniziale impasse e va al nocciolo del suo problema, prettamente politico: non dev’essere colpa loro.
E’ così, che, interpellato, il consigliere Brunetti asserisce:
“Stanotte è saltato il tubo di adduzione del nostro serbatoio che però è di gestione Sorical, titolare della manutenzione ordinaria e straordinaria del complesso di infrastrutture idriche regionali e comunale. Ovviamente, ci siamo subito mobilitati tempestando gli addetti della Sorical per risolvere il problema ma i cittadini non devono addebitare alcuna responsabilità all’Amministrazione comunale. (…)”
Non ci vuole un corso di ingegneria idraulica per capire che le condotte idriche comunali, sono appunto di competenza del Comune; che poi la manutenzione delle stesse sia affidata in gestione ad una specifica azienda, è cosa ordinaria e normale (sfido qualsiasi consigliere comunale a riparare con la propria cassettina degli attrezzi condotte da un metro di diametro): questi servizi sono quasi sempre appaltati ad aziende di cui l’amministrazione deve farsi carico di supervisionare il lavoro. Esattamente come un buon amministratore d’azienda, che noti (o semplicemente subodori) un calo nella produzione, provvede a fare le sostituzioni e gli aggiustamenti del caso, un amministratore comunale non dovrebbe anticipare i disservizi della Sorical, peraltro già noti su scala regionale e ben comunicati dalla stampa da oltre un anno.
I cittadini queste semplici riflessioni le hanno fatte, e chiedono risposte sul piano della verità . Perchè qui a Reggio non si fa, come per esempio a Cosenza, dove di fronte ad analoghi disservizi, il Sindaco sta facendo battaglia alla Sorical, tanto che Iriti si è visto al centro di una battaglia mediatica.
Da noi, invece, le responsabilità sono scivolose e sfuggono da una mano all’altra finendo per essere di qualcun altro. Di chi siano veramente le responsabilità , lo si vedrà al momento dei meriti. Lo si noterà quando (si spera) verrà reintrodotta l’acqua in città .
Forse il Sindaco non metterà la notizia in coda al suo tg personale su facebook (come ha fatto oggi: ben dietro quella della riapertura di giostrine alla periferia dell’interesse cittadino) ma in apertura.
Forse la stessa acqua fino ad oggi inodore, insapore – ma soprattutto senza colore politico- assumerà le tinte precedentemente negate; e non mancherà un comunicato, col solito stile autocelebrativo di qualche consigliere di maggioranza, che si affretterà ad attribuirsi il merito di aver salvato i cittadini dalla morte per disidratazione. Che il comune stesso aveva innescato.
Che la singolare attitudine, ed abitudine, a trasformare miracolosamente il piombo in oro, le proprie mancanze in trofei, possa essere indirizzata, un giorno, per la ricostruzione di questa città svilita, ridotta a ruggine e colabrodo, come le sue condotte idriche?
Vivere di non rivivere: il PD e l’arte di guastare le cose per poi vantarsi di averle riparate
Si potrebbero fare migliaia di esempi, forse più calzanti, più eclatanti. Ma il morale non ne gioverebbe e si perderebbe lo scopo dell’articolo, che è sottolineare quel che di grottesco, di farsesco è insito nella propaganda di una certa politica reggina. Esaminiamo quindi l’ultima, più leggeracastorinata:
“Reggio Calabria deverivivere di Sporte su questo siamo in prima linea per rilanciare tanto interventi che riguardano l’impiantistica sportiva quanto la promozione di manifestazione ed eventi che possono aggregare ed unire” Queste le dichiarazioni di Antonino Castorina.
Ora a memoria d’uomo, è palese, mai Reggio Calabria ha vissuto di Sport. Si è parlato di turismo, di chimica, persino di metalmeccanica con qualche velleità nello smaltimento delle scorie nucleari, seppur abusivo.
Ben venga ora questa notiziona dello Sport: ma come si è scatenata, ci si domanda, la rivoluzione epocale, o meglio questo trapianto, del cuore dell’economia calabrese? Che nottetempo qualcuno abbia disseminato la città di piste ciclabili (cioè:realmente ciclabili), di piscine comunali, di parchetti con attrezzature ginniche?
Che qualcuno abbia trasformato il Granillo nelSà£o Paulo do Brasil, che abbiano sostituito la formazione amaranto con quella del Real Madrid? Perchè, ci si chiede, Castorina esulta come un fanciullo attaccato alla calza della Befana?
Per l’eccitazione della curiosità , gli occhi vanno su e giù sul quel comunicato vorticosamente, cercando l'”ipocentro” dell’ entusiasmo.
“Gli interventi previsti dall’amministrazione Falcomatà su impulso dell’assessorato ai lavori pubblici guidato da Angela Marcianò consentiranno in tempi brevi ad Archi il ripristino della palestra comunale purtroppo inagibile da diverso tempo (…)”
L’entusiasmo cade a terra con due tonfi sordi, quando si capisce perchè, secondo Castorina, la città dovrebbe “rivivere”: perchè una palestra, ad Archi, era stata “purtroppo” chiusa ed ora è riaperta. Una palestra, ad Archi.
Dunque, ridimensionando la notizia, parliamo dei muscoli di quattro cittadini di una frazione di Reggio che tornano a tonificarsi. Ma in qualche misura, per la natura altruistica benigna e solidale tipica del reggino senza lavoro e con affitto in scadenza, anche il resto dei reggini disoccupati, gioisce: dai campi dove qualcuno è finito a raccogliere pomodori, si risponde “evviva!”. Dall’oltralpe, dai cervelli fuggiti e benedetti da Poletti, si risponde: “allegria”. L’angustia è finita, la città rivive, gioia e gaudio ha riaperto una palestra ad Archi.
Già , ma ci si domanda: perchè era stata “purtroppo” chiusa, quella benedetta palestra?
Perchè il quartiere di Archi, storicamente tutt’altro che accogliente per gli stessi abitanti, era stato destinato allostipamentodi immigrati, i quali si erano riversati abusivamente anche nella struttura. Tutto ciò col tacito assenso dell’Amministrazione di cui Castorina fa parte. Dirigeva ed organizzava la politica di questa speciale accoglienza, sempre il PD di Castorina! Dunque, riassumendo: Castorina del PD si compiace del fatto che una palestra, “purtroppo” chiusa (omissis: per colpa dello stesso PD) sia stata riaperta. Ma non è tutto: Castorina innalza la riapertura di quella palestra, di cui aveva in quota parte provocato la chiusura, come inconfutabile testimonianza e sigillo del proprio valore politico, quasi come un trofeo di merito alla beneficenza.
Valoroso, Castorina. Un pò come certi monelli, quando saltano dai mobili, finiscono malamente per terra e non ammettono l’errore; anzi ritrovato l’orgoglio, balzano in piedi e si congratulano con se stessi per la propria forza. Peccato che in questo caso si tratti di un Consigliere.
L’era del magna-Magna Grecia: il Comune risotterra i suoi tesori
In una serie di approfondimenti, andremo a visitare i tesori archeologici di Reggio, relazionando sul loro stato.
Parte prima. Le Mura Greche invisibili. E inaccessibili.
La Magna Grecia inizia da qui, in un punto del nostro meraviglioso lungomare. Nei pressi dell’attuale Tempietto, costeggiando il litorale, duemilacinquecento anni fa i naviganti greci notarono una vite avvinghiata ad un fico, il che fu letto come il segno dall’oracolo di Delfi per approdare e fondare una città : proprio la nostra Rhegion. Tanta gloria, che oggi finisce sotto un metro di erbe infestanti, che avvinghiano il sito delle Mura Greche. Scalini, rampe d’accesso per i disabili, mura e reperti, tutto sepolto. Segni che non necessitano certo di oracoli per essere interpretati eche assieme all’ormai ironico messaggio sul cartello del sito, “Benvenuti a Reggio Calabria”, piazzati lì a pochi passi dalla Stazione, sono l’invito, rivolto a ipotetici turisti, a tornarsene da dove sono venuti.
A parte la segnaletica e molta, molta fantasia, nulla suggerirebbe al visitatore l’esistenza di un parco archeologico. Per rendersi conto di cosa è nascosto in quella grande fossa sotto Palazzo Zani, bisogna rispolverare le cartoline degli anni precedenti. Le Mura costituiscono la parte occidentale, nel tratto in cui devia a Sud, della cinta di Mura Greche. Esse risalgono al IV secolo a.c., epoca in cui Dioniso II le fece costruire per proteggere quella che sarebbe stata per secoli una delle più importanti città della Magna Grecia, colonia di Calcidesi e Messeni greci.
Tutt’altro che uno spirito artistico pare aleggiare oggi tra le rovine delle Rovine; nel magna-Magna Grecia che seppellisce cultura e turismo, uniche ricchezze di Reggio, sembrano rivivere piuttosto le gesta di quel famoso corsaro abiuro di patria e religione natìa, tale Occhialì, il quale abbracciata la sharia tornò in Calabria per saccheggiare, uccidere e disperdere. Tanto fa oggi l’incuria dei dirigenti reggini.
Qualcuno lamentava, mesi fa, che solo la via Marina fosse curata dall’Amministrazione. Oggi la situazione è evidentemente peggiorata. Non c’è nessuna traccia del passaggio di personale AVR dentro l’area da mesi o forse anni.
Forte è la tentazione di spaccare i lucchetti arruginiti e mettersi a fare un po’ di pulizia, invece non si può far altro che informare. Sperando di incontrare la sensibilità o addirittura l’indignazione di qualche cittadino e la pietà operosa di qualcuno degli addetti ai lavori del nostro Comune.
Il bluff della nuova Giunta: una “perla” scomoda ed otto vuoti a perdere
C’era quell’ultima manovra in atto, con cui la “nuova” Giunta sarebbe finalmente stata appiattita nella sua interezza: ma emarginare Angela Marcianò , donna trasparente, capace, di pochi selfiee tanta sostanza, non è riuscito al Sindaco che si vedeva già da tempo pericolare il ruolo di primadonna. Colto così, con le mani nel sacco, esorcizza ora il tentato ostracismo come una fantasia da giornalisti. “Fatela lavorare” recita infatti, con quella solennità in grado di strappare più di un sorriso: in realtà , per non essere riuscito nel precedente intento, gli è toccato poi piazzare il carico da undici; altre deleghe all’assessore, con la duplice valenza di zavorre atte ad impedire agilità indesiderate.
Ed a proposito di zavorre, il sindaco introduce la presentazione con quattro belle metafore a sproposito, tanto per chiarire concetti che non sembrano trovare corrispondenza sul piano della realtà . Se ne riporta una su tutte, ad uso prettamente umoristico: Il sindaco si compiace della propria politica, che raffigura a Palazzo San Giorgio come l’armonia di una “sinfonia d’orchestra” nel brusio di sottofondo: l’opposizione. Insomma, tutto ciò che sta attorno al Sindaco è rumore indistinto. Il chè la dice tutta sulla prosopopea seguente, dove il Nostro invita tutti a ripetere come un mantra, quel “dialogo dialogo dialogo” che l’ introversopiccolo Lord (qualche giorno fa è stato dato per disperso con tanto diannuncio sui muri a firma Casa Pound) non ha mai saputo sostenere, rendendo molto lontano la sua politica dall’essere “umanizzata” e “vicina ai territori” come professa nei suoi monologhi.
A far luce nell’antinferno degli ignavi e nel girone infernale dei barattieri che più volte hanno cercato di isolarla, rimane solo un’ angelicaMarcianò . La quale, benignamente d’umiltà vestuta, parla di lavoro di”squadra”, glissa sugli sgambetti politici recenti, guarda al futuro, si commuove al consenso personale di cui gode in città e persino nella minoranza consiliare ( FdI , l’ha proposta come valido punto di riferimento per i reggini “di buona volontà “). Vuole concentrarsi sui propri risultati. Come ogni buon amministratore dovrebbe fare.
A differenza del Sindaco, che si appropria delle “perle” di Scopelliti , cioè la città Metropolitana, frutto della personale battaglia dell’ex-governatore (condannatorecentementeper non aver saputo riconoscere le leggerezze della Fallara sulla gestione delle casse comunali, com’era suo compito) ed i finanziamenti che per sua stessa ammissione sono conseguenza diretta di quell’unico, primo risultato: i PON metro, i Patti per il Sud, il Decreto Reggio.
Veniamo poi alle nomine degli assessori, elencate dettagliatamente inquesto primo articolo. La prima osservazione è che il rimpasto è stato un deludente gioco di prestidigitazione, che ha restituito le stesse carte di prima. Come tutti avevano pressochè immediatamente realizzato, lo scopo del rimpasto era dunque soltanto raschiare qualche voto al referendum, mostrando di voler fare ammenda dell’ inutilità di questi due anni di amministrazione. Ci si chiede altrimenti, come possano quegli assessori, il cui operato è stato giudicato fallimentare dallo stesso Sindaco solo un mese fa, risultare validi oggi, semplicemente con un cambio di deleghe. Nemmeno ai provini calcistici di terza categoria, avrebbe senso ripescare giocatori coi piedi storti. Risalta comunque ulteriormente, in questa selezione, l’inesperienza della dirigenza.
Eccetto per l’uscita di una tutto sommato valida Patrizia Nardi alla Cultura, andrebbe anche bene la sostituzione delle altre quote rosa ( Neto e Quattrone ) se non si considerasse che le new entry sembrano ancor meno capaci : Anna Nucera , Irene Calabrò, Lucia Anita Nucera , assecondano mere logiche di compiacimento dei partiti ( SEL, PSI, PD ). La prospettiva è quella di cementare le fratture della sinistra dopo l’ultimo referendum, secondo un piano nazionale in corso, di cui Renz i è ancora il deus ex machina, che opera dietro le quinte in vista delle prossime elezioni.
Sotto, l’assessore Angela Marcianò.
Governo Gentiloni: la vittoria degli ignavi
Se c’è un insegnamento da trarre dagli ultimi risvolti di questo infinito Beautiful che è la politica italiana, è senz’altro il concetto di ignavia. Ai più riporterà alla mente l’immagine avuta, ai tempi dei banchi di scuola, di quegli uomini condannati ad inseguire in eterno una bandierina tra vespe, mosche e vermi, così come partorita dalla fantasia dantesca. Oggi però, a guardare la nuova (?) squadra di governo, l’immaginazione non è poi tanto lontana. Pensate ad Angelino Alfano, per esempio, passato al ministero degli Esteri senza apparenti meriti politici. Pensate a Maria Elena Boschi, promossa a sottosegretario senza apparenti meriti strategici. Pensate alla magra figura da mercenario di Denis Verdini senza apparenti meriti calcistici. Un governo di basso profilo che, come sottolineato dall’ignavo per eccellenza Gentiloni, seguirà la linea della responsabilità , per non dire continuità . Niente scossoni, dunque, nè sorprese se non quella di qualche new entry come Marco Minniti, reggino,il cui nome è legato all’intelligence. E forse non solo (vedi recenti intercettazioni pubblicate nell’ambito dell’indagine “Ecosistema”). Permettetemi inoltre di tranquillizzare i crociati difensori dell’art.92 della Costituzione che in questi giorni non hanno perso occasione per ergersi dalla massa e rammentarci che Mattarella ha agito correttamente e che questo governo è legittimo. Probabilmente un po’ meno legittimo il Parlamento da cui otterrà la fiducia. Certo è che la Costituzione non è il semplice libretto di istruzioni del microonde, c’è uno sfondo, un sottotesto dal quale è impossibile esulare: la legittimazione popolare del premier. Perchè se ci pensate bene nessuno di noi, in cabina elettorale, ha mai apposto la propria x su una lista senza pensare al leader a cui è ricollegata. Insomma, probabilmente nei prossimi mesi non verremo stupiti con effetti speciali e questo governo servirà solo a traghettarci verso nuovi lidi, dando così modo di risistemare le regole del gioco, alias legge elettorale, e tempo alle opposizioni, sia ufficiali che ufficiose, per alleanze e investiture. Ma intanto chi paga l’obolo a Caronte?
(Foto: Vignette AGJ)
A due anni dalle comunali: Renzi naufraga in porto europeo, Reggio veramente alla deriva
Prima che il Titanic piddino si preparasse a colare a picco, solo qualche giorno fa, sarebbe bastato accomodarsi a bordo, dire sì al capo, sorridere agli elettori e prendere tempo. L’Europa dettava la rotta in mare aperto, ben lontana dai nostri territori e dalle loro contingenze.
Il nostro Sindaco, il biglietto ce l’aveva. Le previsioni erano truccate, certo, ma i giorni a venire sereni; costanti “renzate” gonfiavano vele orientate all’occorrenza. Ponti, metrò, treni supersonici, sciorinati in prossimità del traguardo: Reggio , per il Sindaco, poteva durare giusto il tempo che arrivasse in Senato. Ora che ha perso la nave, il vero naufrago del referendum deve galleggiare fino alle prossime elezioni. Mentre Reggio prosegue la deriva.
E dire che anni fa, la città commissariata aveva creduto nella svolta: una voragine amministrativa riempita di giovincelli d’acqua dolce avulsi dalla politica, un acquario esotico,diviso dai problemi della città quanto Renzi dalla realtà italiana.
Con la scusa di rottamare la vecchia politica, è parso giustificabile a Falcomatà convocare in politica la propria “cricca da bar” (appellativo affibbiato da Travaglio anche ai falchi di Renzi), ragazzi come lui col vantaggio derivante dal venire dal nulla e dal non essere nessuno: quello di dipendere dal capo in tutto e per tutto. Così prima del referendum il Sindaco ha potuto azzerare la giunta. E dopo il pesante fallimento, il Sindaco può permettersi di minacciare i suoi falchi :”se io cado, non io, ma voi sarete ricordati come un nessuno” . Dimenticando forse che il sistema copernicano vale per tutti i satelliti, Falcomatà compreso.
In questi due anni, mentre il governo-ombra di Renzi (nato non per elezioni, ma per grazia di Bruxelles) serviva le direttive europee, l’amministrazione reggina era dedita al servaggio renziano. Ed a ritrasmettere riforme, come quelle del referendum, che potevano calzare bene alle metropoli del potere finanziario, ma sono rimaste lontane dal resto d’Italia. Figuriamoci dal Sud, e da Reggio che ha assistito al peggioramento mentre l’assurda propaganda mediatica del premier e del suo piccolo emulo reggino, dava i numeri sul miglioramento. L’ipnosi renziana, come quella falcomatiana, non poteva reggere il confronto con la realtà . E’ bastato affacciarsi alla finestra per vedere locali chiusi, negozi desertificati, periferie desolate, strade dissestate. Questo semplice confronto con la realtà e non certo la paura del rinnovamento, non certo un’atavica antipatia per il miserrimo pinocchio di Rignano o per il suo omologo reggino, hanno portato alla disfatta dell’uno e dell’altro.
Immersi nella loro bambagia, alternando autoreferenzialità ad auto-encomio, come il premier, anche i consiglieri di maggioranza reggini hanno compilato annose liste di propositi, raramente utili. A setacciare questi due anni di Amministrazione, tra gli aspetti positivi, c’è la maggior tutela del suolo pubblico contro l’abusivismo (applicata, però con poca sapienza) e un pugno di iniziative ai confini dell’inutilità .
Tuttavia, come allettante fu ” il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”di cui all’ultimo referendum, come entusiaste, ma false, le letture degli obiettivi raggiunti, altrettanto lo sono stati, e si ostinano ad esserlo ancora i comunicati del Sindaco. A chi denuncia inattività , si dipinge la legalità di amicopoli. A chi rimprovera di non avere fatto nulla, si mostra di non aver sbagliato nulla. La sicura ricetta falcomatiana per quadrare ogni bilancio è l’immobilismo: al massimo si attaccano due addobbi natalizi sulle piazze. La gente scriva a Babbo Natale per le buche stradali.
Ed ora che l’onestà dovrebbe portarlo alle dimissioni, Falcomatà annuncia una “riflessione” sul risultato elettorale, che suona quanto mai superflua. Ma il Sindaco sa che, incollato alla chimera piddina, e con la pressione al Quirinale di mamma Europa, potrebbe mantenere lo scranno per tempi insospettabili.
Come anticipavano qualche giorno addietro le dichiarazioni del braccio destro della Merkel, Volker Wieland, l’Italia deve fare i conti primariamente con le pressioni europee. Ovvero dei tecnocrati e dei potentati economici sovranazionali, che impongono una serie di riforme (quelle che l’Italia ha appena bocciato a Renzi) per plasmare a loro uso e consumo il nostro sistema , attraverso i vari governi tecnici e provvisori che servono a imporre austerity. La politica prevista sarà la “carota” dell’ESM (fondo salva stati europeo) ed il “bastone” del nostro debito pubblico. In questo quadro politico, prima delle elezioni, la politica renziana coi suoi Falcomatà rimarrà in sospensione per il tempo che serve a imporre questo quadro, presumibilmente per parecchi mesi, forse anni.
Mentre i problemi di Reggio superano già i tempi limite d’intervento, non sappiamo se qualche spicciolo europeo cadrà alle nostre latitudini per placare il dissenso crescente verso la Oliverio&co. Si moltiplicano le questioni scottanti , per esempio quella dell’Aeroporto e il Sindaco pare intento soprattutto a non bruciarsi le mani. Gira il problema sulla prospettiva che non comporti l’impegno in prima persona, cerca i colpevoli come scrive in una nota al giornale online CN24 “nonostante le limitate competenze in capo all’amministrazione comunale ” e solo in seconda istanza auspica che “la politica accolga nell’immediatezza l’allarme lanciato dai rappresentanti dei lavoratori.”
Sulle prime, il nostro sindaco pare considerare con favore la convocazione di un tavolo tecnico, dopo anni di martellanti suppliche da parte di consiglieri e cittadini disperati.
Poi lo spirito renziano si impossessa nuovamente di lui, costringendolo a compiacersi del “comportamento responsabile tenuto nell’ambito delle vicende che hanno coinvolto tutte le società comunali” ed a chiedere ad altri “che la questione dell’Aeroporto venga prontamente affrontata nelle sedi competenti”. Non si sa a chi chiede, il sindaco, l’impegno che dovrebbe portare avanti in prima persona.
Il 5 Dicembre, per l’Italia Festa di Liberazione
L’immagine di un abile statista, leader composto ed autorevole, politico onesto, patriota convinto – niente a che vedere insomma con Matteo Renzi – è quella che fino all’ultimo (ed oltre) il pinocchio di Rignanoha maldestramente cercato di mimare ad un’Italia ridotta a palcoscenico per saltimbanchi. Italia, che una volta tanto, se la ride di gusto. “Avete cacciato il mostro”dice copiando la battuta di Jokerin Batman Return. E con un ghigno di quelli che riecheggiano in perpetuo, il nostro eroe scompare nella nube sinistra, da dove l’aveva estratto a sorte la dea bendataNapolitano.
Le nubi si sono diradate, il cielo italiano se ne sta sereno. Ma come tutti i cattivi di ogni scontato palinsesto, Renzi vuole almeno lasciare ai suoi giustizieri un ultimo improbabile rimorso, quello di non essere vittime, ma carnefici. l’Italia, risponde virtualmente con qualche decina di milioni di pernacchie.
Vesti la giubba, la faccia infarina, recitava il premier, come i pagliacci del Leoncavallo, anche al teatro Cilea di Reggio Calabria. Solo poche ore fa, il Boeing 737 di Renzi era ancora parcheggiato con qualche posto libero per i clown e vice-clown sempre più incertamente protesi al Senato, pronti al vero decollo.Quello della carriera politica. In teoria bastava un sì, ed il Falcosìndacose ne sarebbe volato lontano dai problemi di Reggio. Lontano dai progetti turistici per il porto , abbandonati, dall’aeroporto Tito Minniti prossimo alla chiusura, dal progettoinabissatodel Waterfront , dal Parco Caserta incompiuto. E soprattutto, lontano dalle promesse elettorali sciorinate in fretta e furia per rastrellare qualche consenso. Invece ne servivano 157.491, di sì, soltanto a Reggio: qualcosa come il 68,95% dei reggini che non hanno obbedito alle lusinghe degli alfieri di Renzi ed alla sua nuova idea di costituzione .
Non ancora pervenuto, il Sindaco – chioma più che mai piangente – manda dall’oltretomba, in ricognizione al suo posto, una vocina falsamente fiera per il coraggio del suo Totem. Coraggio che il nostro primo cittadino non ha chiaramente voglia, nè sopratutto interesse ad imitare. Inviato, non appare in tv ad Immedia live nè ad altre telecamere. Rintanato nell’ufficetto di piazza Camagna (assieme al Vicesindaco Saverio Anghelone, al Vicesidanco Metropolitano Riccardo Mauro, al Presidente del Consiglio Regionale Nicola Irto, alla Consigliera Nancy Iachinoed altri) raccoglie l’ultimo alito renziano ed espira : “continueremo a lavorare”.
Addio, monti. Anzi addio colli. Enella fattispecie addio Aventino, Palatino, ma soprattutto Quirinale e Viminale, addio cene romane e selfiedavanti alla fontana di Trevi stile “la dolce vita”.
Trai superstiti, simula una sportività contrita il terremotato vicesindaco metropolitano Riccardo Mauro , barcollante nella notte in quei di Palazzo san Giorgio. Intervistato, va cercando per aria possibili smentite di quanto quel 70% di no al referendum possa significare per la sua parte politica. “Risultato netto, anche se non definitivo -ripete due o tre volte – sconfitta netta anche se i risultati non sono definitivi”e farfuglia qualcosa sul calcio. Forse si aspetta la rimonta dell’ultimo minuto. Ma non era un gioco, il tiro mancino che Renzi voleva giocare agli italiani.
Dopo la sconfitta, si spera che gli amministratori si dedichino finalmente a ricostituire la Giunta. Sarà poi interessante osservare la parabola di tutte quelle metropolitane di superficie, megaparchi coperti stile Los Angeles, ponti sullo Stretto ed altri sognipromessi in alternativa all’operato dell’Amministrazione, da due anni pressochè assente.Ma torniamo al nostro premier, ed alla sua carrellata di pillole di recitazione degne di ScaryMovie. In chiusura, si rivolge ai giornalisti, che prende per i fondelli un’ultima volta, raccomandando, colmo dei colmi, che la verità non venga stravolta dai vincitori. Vuole che rimanga così come l’ha lasciata, la bufala renziana. La immagina così, la sua creatura politica, a cavalcare l’immaginario delle generazioni a seguire, a pascolare in nuovi elettorati. Nonostante lo spread ed i mercati azionari snobbino già in queste prime ore il melodramma e le profezie di male gettate sull’ accozzaglia del No .
“Fatemi finire”chiede infine solennemente ai giornalisti, rivolto ad un immaginario cesso. Il ruolo, ora, è quello di Jonny Stecchino,scena finale. Continua fino all’ultimo, schivando pallottole virtuali. Nessuno, però, spara. E qualcuno, in mezzo ai festeggiamenti, ha un brivido di timore: A volte ritornano.