REGGIO – Miramare, the day-after: e adesso?

Si pensava che, al massimo, sarebbe rientrato dalla finestra “salvato” dalla prescrizione. E invece Giuseppe Falcomatà farà ritorno a Palazzo San Giorgio dall’ingresso principale. Da assolto.

La sentenza dal contenuto quasi inaspettato, l’annullamento senza rinvio, è arrivata ieri sera intorno alle 21 a Roma presso la Corte di Cassazione, alla quale il sindaco oggi prosciolto aveva fatto ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello reggina che l’aveva condannato ad un anno per abuso d’ufficio. Un ribaltone dopo due gradi di giudizio avversi. E dunque Falcomatà è tornato a sorridere e ha rilasciato subito delle dichiarazioni di sollievo dopo la vicissitudine giudiziaria che l’ha visto coinvolto assieme ad altri consiglieri della sua ormai ex maggioranza.

Ma se ieri ha potuto godersi il momento, sarà probabilmente più traumatico il rientro in civico consesso dove verranno presto i nodi al pettine. Durante il periodo di sospensione gli equilibri si sono modificati: a nemmeno 5 minuti dalla sentenza, Armando Neri (che era stato anche suo vice e che è stato anch’egli prosciolto ieri) ha dichiarato che passerà ai banchi dell’opposizione. Saranno “tempi supplementari” difficili, perché ad essere cambiata è anche la città, “depressa” ma-si spera- più consapevole della parabola discendente degli ultimi anni.

L’apnea di questi anni, con due facenti funzioni di scialba autorevolezza politica, ha inferto il colpo di grazia. Reggio è palude stagnante, in cui chi ha conquistato qualcosa se la tiene stretta come Gollum con il suo “tesssoro”, dove l’individualismo a cui la necessità di sopravvivenza ci ha condannati è zavorra che, giorno dopo giorno, ci logora impedendoci di fare rete e guardare l’orizzonte. Insieme.

Reggio non ha un sogno. O meglio: pensa di averlo, ma quasi nessuno è disposto a mettere in gioco il poco che ha per un bene più grande e condiviso. E allora vediamo da oggi che succederà.

Dal punto di vista politico, il ritorno di un sindaco eletto è preferibile ad una insipida reggenza. Ma come si allineeranno i pianeti in consiglio comunale? E fuori dal Palazzo su quale fiducia può contare il “restaurato” sindaco? Perché non potrà ignorare il malcontento generalizzato. E nemmeno i movimenti di opposizione, primo fra tutti quello di Massimo Ripepi, il cui progetto politico “Rheggio 743 a.C.” gode non solo di crescente apprezzamento ma anche del sostegno di Stefano Bandecchi.

Così come, dopo il ritorno in piazza per la presentazione del suo libro, Peppe Scopelliti si è investito del ruolo di interlocutore nel cdx per il nome del prossimo candidato a sindaco. Già, perché non è finito tutto con la sentenza di ieri: a novembre partirà il processo Miramare Bis in cui Falcomatà è unico imputato…

PIUME DI VERITAS – SOS scuole reggine, tra inagibilità e dimensionamento

Come se la città non avesse già molte grane da risolvere, in questi giorni si è andata ad aggiungere una nuova criticità: la scuola. Tanto che, per due giorni consecutivi, piazza San Giorgio è stata presa d’assalto da manifestanti per due motivi distinti.

Martedì, infatti, i genitori e i ragazzi della scuola media “Nosside-Pythagoras” di Ravagnese si sono dati appuntamento davanti al Comune per alzare la voce e far arrivare alle finestre del palazzo comunale il proprio disappunto. I 330 alunni sono a casa dal 4 ottobre scorso, perché con ordinanza sindacale il plesso è stato dichiarato inagibile a seguito di controlli antisismici. Nulla quaestio sulla necessità di interventi di messa in sicurezza, se non fosse che lasciare nel limbo tante famiglie per più giorni, senza provvedere tempestivamente con soluzioni atte a garantire la continuità scolastica, è quanto di più desolante e sciatto potesse avvenire.

Il provvedimento-tampone è stato emesso lunedì 9 con una nuova ordinanza che dislocherà le 17 classi tra i plessi “Alvaro-Scopelliti” e Larizza. Tempistiche d’intervento? Non pervenute. E dunque i genitori hanno occupato la piazza perché preoccupati da lavori che potrebbero procrastinarsi nei mesi, condannando ragazzi e famiglie ai disagi che ne derivano: non dimentichiamo che il Pythagoras ha un’utenza composta in maggioranza da alunni provenienti dalla vasta zona sud, e questo comporta problematiche relative al trasporto scolastico, alla rimodulazione in seno alle famiglie della quotidianità.

Forse tutto avrebbe potuto essere superato se i controlli, e i relativi interventi, fossero stati effettuati in periodo di chiusura estiva, e non ad anno scolastico avviato affidandosi “all’arte di arrangiarsi” con il rischio che “la toppa sia peggio del buco”.

E non finisce qui, perché stamani è stata la volta della comunità scolastica dell’ I. C. “Galileo-Pascoli” contro il dimensionamento che ne farebbe perdere l’autonomia amministrativa e, dunque, ne farebbe di questa scuola un presidio periferico lontano dalla governance scolastica. Autonomia che andrebbe mantenuta alla luce del fatto che allo stesso Istituto afferisce la sezione di scuola ospedaliera del GOM per i piccoli degenti. La questione è tutta aperta perché la delibera di Giunta sarebbe arrivata successiva al termine del 30 settembre (quindi “irricevibile”) presso la Metrocity che questa settimana dovrà deliberare sulla proposta di dimensionamento, per il territorio metropolitano, da presentare alla Regione. Già, perché il botta e risposta tra l’assessore comunale all’istruzione Lucia Nucera e Palazzo Alvaro, per quanto sotto stessa bandiera, denota una certa tensione che non è passata inosservata e la dice lunga sugli umori politici poco sereni delle due amministrazioni.

PIUME DI VERITAS – Reggina: volano frottole tra Cannizzaro, Saladini e Ilari. I tifosi non sanno più a chi credere

E’ arrivato il grande giorno. Il giorno della partita più importante e difficile che la Reggina e tutti coloro che la amano, si troveranno ad affrontare: oggi alle 12:30 infatti è fissata l’udienza della squadra amaranto in Consiglio di Stato.

Purtroppo però, non basta la tensione che si respira tra le fila reggine: perché, giusto per complicare ulteriormente le cose, stamani Reggio si è svegliata sotto il peso di non una, ma ben 3 frottole ben assestate! E il livello di queste frottole, cari lettori, ha di certo raggiunto e superato anche la Serie A!

 

IL PRIMA – CANNIZZARO: “ILARI ESCE DALLA REGGINA E LA LASCIA PER SEMPRE. HO CONVINTO SALADINI A RIPRENDERE LE REDINI DELLA SOCIETA’ AMARANTO”

Circa 12 h fa, infatti, l’On. Francesco Cannizzaro, pubblicava sui suoi social un post, dai toni autocelebrativi, nel quale si prendeva parte dei meriti per la rinuncia dell’Imprenditore Manuele Ilari e per aver convinto, invece, Felice Saladini a riprendere le redini della Società amaranto.

E fin qui, nulla di strano… forse!

Dopo una serrata azione diplomatica durata giorni interi, notti insonni, come espressamente e vigorosamente chiesto da Tifosi e Città, l’imprenditore Manuele Ilari esce dalla Reggina e la lascia per sempre. La Reggina 1914 ha bisogno, in queste ore, di una guida sicura. Contestualmente, quindi, ho convinto Felice Saladini a riprendere le redini della Società amaranto, per rimettere ordine.

Come da me auspicato e caldeggiato, lo stesso Saladini ha accettato di rimettersi in discussione soltanto per coerenza progettuale e gesto di responsabilità nei confronti della Reggina, un segno di rispetto nei confronti di Città e Tifo. E lo ringrazio per questo, perché ne comprendo anche le difficoltà personali. Ma, insieme, siamo addivenuti a quella che reputo la soluzione migliore in questa fase drammatica: la disponibilità a cedere immediatamente davanti ad una trattativa solida e concreta. Saladini è pronto a vendere in qualunque momento il Club davanti ad una forte ed autorevole cordata di imprenditori o investitori che abbiano intenzione di rilevare la Reggina ponendosi due semplici obiettivi: la rinascita e la stabilità dell’ambiente, possibilmente suffragati da vittorie sui manti erbosi. Insieme agli altri attori di questa paradossale vicenda, mi farò io stesso promotore di soluzioni in tal senso, cercando di individuare persone all’altezza dei valori amaranto.

Ma un passo alla volta: adesso andiamo insieme, compatti, con i nostri valori di serietà, libertà ed onestà, al Consiglio di Stato. La battaglia è e deve essere di diritto e di norme; un campo che fino ad oggi non ci ha dato ragione, ma sul quale dobbiamo batterci fino all’ultima goccia di speranza, impegnandoci oltre l’ultimo residuo di energia.

Poi, tutto ciò che verrà lo affronteremo da grande comunità: uniti, verso mete ambiziose.”

– Nota dell’On. Cannizzaro –

IL DURANTE – SALADINI: “HO ASSUNTO NUOVAMENTE IL CONTROLLO DELLA REGGINA 1914 CON L’OBIETTIVO DI METTERE ORDINE!”

Immediatamente dopo, contravvenendo alle sue iniziali dichiarazioni, secondo le quali l’ex Patron della Reggina Calcio non aveva più la volontà di riprendere la guida della Società amaranto, Felice Saladini annuncia:

Ho assunto nuovamente il controllo della Reggina 1914 con l’obiettivo di mettere ordine. È un atto doveroso nei confronti di Reggio Calabria. Sono convinto di aver operato nel rispetto delle norme. Domani giocheremo la nostra partita più importante per difendere la Reggina. Ringrazio l’on. Francesco Cannizzaro, che è stato sempre vicino alla Reggina, lavorando in modo silente per difenderla“.

IL DOPO – ILARI: “NON HO CEDUTO LE QUOTE A NESSUNO.”

Ma allacciatevi le cinture di sicurezza, perchè il pezzo forte arriva ora, con le dichiarazioni dell’attuale Amministratore Ilari, il quale, dalle due righe di comunicato stampa inviato questa notte, non è più tanto sicuro di voler lasciare le redini della società amaranto.

“Attendiamo fiduciosi – ha scritto Ilari – l’esito del Consiglio di Stato. Non ho ceduto le quote a nessuno. Valuterò il da farsi dopo la pronuncia della giustizia amministrativa”.

 

PRIMA ILARI E’ FUORI.

POI SALADINI E’ NUOVAMENTE DENTRO. 

INFINE ILARI SMENTISCE.

Mentre i tifosi, che dall’inizio della storia, non hanno fatto altro che chiedere la verità e risposte trasparenti ai milioni di interrogativi, si ritrovano sempre di più a navigare nel fango e nelle menzogne, i tre soggetti sopracitati, si divertono a fare un rilancio a chi la spara più grossa.

E’ finito il tempo di sparare balle! La Città sta morendo. I tifosi stanno soffrendo. Le Istituzioni e gli imprenditori ci stanno prendendo in giro.

A prescindere da quale sarà l’esito in Consiglio di Stato, se saremo in Serie B oppure no, cari lettori, ABBIAMO GIA’ PERSO. Perché se sono proprio i nostri amministratori a concedere ad “esterni” di prendere in giro la Città e di fare il loro comodo in casa d’altri, stiamo già grattando il fondo di un baratro fin troppo profondo. Faremo festa alla vittoria delle sciocchezze oppure è arrivata l’ora che i cittadini alzino la testa dinanzi ai soprusi e muovano “guerra” (di giustizia e verità) a tutti coloro che stanno tradendo la nostra Reggio? 

Scavate nella vostra coscienza. A voi, l’ardua risposta.

S.M.

 

PIUME DI VERITAS – Il coraggio di darsi un senso

Comunicazione ai malfidati: questo non è un articolo che inneggia al fanatismo religioso. Supporta libertà, tolleranza, coraggio. Che oggi sono termini declinati secondo significati che ne hanno perso la vera essenza: la libertà intesa come potere di poter fare di tutto, senza limiti; la tolleranza che vale solo all’interno del perimetro della propria opinione; il coraggio che poi tale non è in una società che ci obbliga spesso a stereotipi e standard di vita fumosi, a cui ci abbandoniamo senza spirito critico. E quindi l’idea che una ragazza possa, a 27 anni, decidere di colmare un vuoto nella propria esistenza scegliendo la preghiera, suona abbastanza ridicola agli occhi di chi, invece, ha davanti agli occhi una gioventù più leggera e festaiola.
Suor Romina Agnelli, piacentina, ha così deciso di prendere i voti e ritirarsi in clausura nel monastero Benedettino di San Raimondo di Piacenza, lo scorso 15 agosto. Lo ha fatto scegliendo la preghiera come senso della vita, ha dichiarato. Una decisione “controcorrente” che non ha mancato di scatenare le reazioni social, le più becere certamente quelle che la reputano “ridicola”, secondo un confine del ridicolo in cui i più rilegano le persone che si danno un senso. Opinabile o meno. Come se scegliere Dio fosse motivo di derisione e pubblico ludibrio. E il discorso, purtroppo, ruota spesso attorno alla deriva culturale che questo mondo veloce e iperconnesso ha innescato, dando a chiunque delirio di onnipotenza attraverso uno schermo di 5 pollici.
La libertà di dettare, rimestare, giudicare le scelte altrui, senza riguardo alla sua dignità di essere umano. La libertà di disporre della vita altrui, confidando nell’impunità, nella confusione della massa. Questo potrebbe aver pensato il branco di omuncoli che, a Palermo al termine di una serata, ha condotto una ragazza ubriaca in un cantiere per farne ciò che nemmeno gli animali fanno. Abbandonandola là dopo aver dato sfogo ai propri istinti da omuncoli, appunto. E dunque cosa diventa più ridicolo? Porsi una scala di valori, un obiettivo? O vivere indignandosi per quei dieci minuti in cui la notizia è in hype e poi girarsi dall’altra parte? Il bene è testimonianza continua, scelta coraggiosa, oggi, a volte dolorosa. È determinarsi. È darsi un senso, senza timore del sorrisetto falso e compassionevole di chi fa finta di comprenderci.
La Redazione

Dal vangelo secondo i reggini

C’è una storiella apocrifa che in passato circolava, in vernacolo, tra i focolari reggini e che molti anziani ricordano. La ricordano per lo più i rassegnati e, salvo le logore memorie del tempo, fa un po’ così: un giorno Gesù Cristo venne salvato da 3 pastori delle nostre zone e volle ringraziarli esaudendo le loro richieste, i primi due chiesero altre pecore, il terzo chiese invece che morissero le greggi dei suoi vicini.

Gli antichi vedevano lungo e avevano una sensibilità, umile e genuina, che gli consentiva di leggere oltre le sovrastrutture che invece il reggino 2.0 si è costruito. Di certo oggi non sarà il bestiame del vicino a suscitare sentimenti di invidia. Lo saranno la macchina nuova, il lavoro nuovo, la casa nuova… E, perché no, anche le idee nuove. Immaginate un/una tal dei tali qualunque che ne ha piene le tasche di una città alla deriva e decida di mettersi in gioco, sensibilizza, informa, fornisce una lettura alternativa alle narrazioni ufficiali, usando gli strumenti che la democrazia mette per tutti a disposizione.

Ma il reggino 2.0, davanti all’impegno altrui, risponde con la forza dell’ignavia. Si ferma a commentare, fossilizzato nel proprio perimetro della comfort zone, con le mani rigorosamente sui fianchi. “Non c’è nenti”, una nenia tristissima. Troppo faticoso andare oltre formulando opinioni più articolate. Poi ci son quelli che sfogano le lamentele sui social, che abbiamo già citato in altre occasioni.

Ma l’ignavo per eccellenza è “l’avvelenatore di pozzi”. È colui il quale non mette in dubbio un’idea e la argomenta, com’è lecito fare. Mette in dubbio le persone, le delegittima. Mette in giro una voce, due, mai suffragata da esperienze dirette, lascia che sia il veleno della maldicenza ad agire, ad annientare il tale che si sta affannando, perché quest’ultimo non aderisce al sistema dominante, non è omologato, anzi è estraneo ai meccanismi reggino-sociali. Quindi il/la tal dei tali va fermato, bisogna farlo/la inciampare, non può avere seguito né consenso. Fanculo correttezza e verità. Nessuno può distinguersi e sopravvivere, ad eccezione della massa densa e melensa che parla di necessità di cambiamento, ma perché fa comodo che rimanga tutto com’é.

E quindi perché rischiare di passare per ominicchi e quaquaracquà? Tanto vale abbassare gli altri e non correre il pericolo che gli altri si accorgano che siamo nani.
Ci perdonerà Tomasi di Lampedusa se prendiamo in prestito le sue parole (che lui riferiva ai nostri cugini siciliani): i reggini “non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti, la loro vanità è più forte della loro miseria.”

La Redazione

Dio salvi la Reg(g)ina

In una torrida giornata agostana, la doccia fredda (non quella tanto agognata dai nostri rubinetti) è arrivata ieri pomeriggio con il verdetto di improcedibilità, emesso dal Tar del Lazio, sul ricorso per l’ammissione in Serie B proposto della Reggina. Toccherà al Consiglio di Stato, in caso di ulteriore impugnazione (pare che Saladini sia intenzionato ad andare avanti, ma qui si gratta il fondo del barile) decidere se staccare definitivamente la spina ad un’agonia, quella della squadra amaranto, che tiene ormai la tifoseria con il fiato sospeso da settimane. Un declino che non è altro che la metafora calcistica di una moria che interessa tutto il territorio da anni e alla quale ci siamo tristemente abbandonati.

E dunque, tra rabbia e tristezza, i social sono il campo più battuto per liberare gli sfoghi. C’è chi giura amore eterno, in qualunque categoria, alla squadra del cuore, così come chi ama spianare il fucile e addebitare colpe alla classe politica che non avrebbe preso dall’inizio le difese della città. Anzi, della Reggina specifichiamo. Perché che la città sia un malato terminale, sotto il profilo di infrastrutture e servizi, una voragine che continua ad allargarsi e a spopolarsi di capitale umano, è discorso limitato a due chiacchiere da bar e ad un post di lamentela in cui commenta zia Mela e mette like il cugino Pepé. “Se per caso cadesse il mondo io io mi sposto un po’ più in là” , ce lo cantava Raffaella Carrà e noi l’abbiamo letteralmente presa in parola.

E quindi alla domanda: perché non si è intervenuti prima sulla vicenda della Reggina?, ne sorge un’altra consequenziale: dove sono (e dove sono stati finora) quelli che dovrebbero difendere la nostra terra, quando c’è da protestare, scioperare, battere i pugni sulle scrivanie, ribellarsi a soprusi e malaffare? Perché ad eccezione di pochi, sporadici e noti “profeti in patria”, il resto è un deserto, arido di idee e propositi, che sentenzia dalla propria postazione pc e con l’aria condizionata a palla sparata in salotto. E sì, certo che ognuno è libero di fare ciò che vuole, anche di non prendere posizione e abbandonarsi alla sorte. Di non abbandonare la poltrona e sentirsi appagato con dallo sterile blabla inconcludente. Ma la nave affonda e l’unica bandierina che vediamo colare a picco è quella della Reggina.

La Redazione

REGGIO – AAA Acqua cercasi

Sembravano remoti i tempi in cui si annunciava “Urbi et orbi”, per Reggio e comprensorio metropolitano, la fine della grande sete.

Nelle fantasie più sfrenate, migliaia di litri d’acqua si sarebbero presto riversati nel dedalo rattoppato che sono le tubature cittadine, per dare sollievo a noi e alle nostre povere autoclavi. E in effetti l’idea era proprio quella: un enorme bacino artificiale, la diga del Menta, pronto a risolvere con uno schiocco di dita il problema della crisi idrica.

La diga del Menta, diventato paesaggio lacustre-per giunta navigabile per piccoli natanti-incastonato nel cuore dell’Aspromonte, ha tutte le carte in regola per un progetto che è a tutti gli effetti grandioso. Come confermato su Linea Blu nella puntata dello scorso 8 luglio dedicata ai nostri dintorni, secondo quanto affermato, il proposito di risolvere “l’arsura reggina” è ben chiaro (dal 2018!) e in più, le provvidenziali piogge di maggio, hanno rimpinguato il lago del Menta lasciando ben sperare e immaginare un’estate con meno bidoni e autobotti in circolazione.

E poi cosa è successo non si sa.

Dai quartieri nord a quelli sud le segnalazioni di disservizi idrici prolungati (oltre quelli programmati da avviso, ovvio) infiammano le pagine social e, probabilmente, anche le linee dei centralini dedicati. In una città che non scende compatta in strada dal 14 luglio 1970 (esatto! NB per gli smemorati: quest’anno abbiamo “festeggiato”, esprimendoci per eufemismi, 53 anni dalla rivolta di Reggio…), l’idea di tornare alle barricate è quasi anacronistico. Eppure ad Arghillà ma anche a Croce Valanidi la cittadinanza ha abbandonato le mura domestiche per riversare il disappunto in strada. E i malumori serpeggiano anche in altri rioni.

Non sappiamo cosa succeda alle tubazioni reggine e del perché il prezioso liquido insapore e incolore resti spesso latitante. Condotte vetuste? Perdite? Aumento della popolazione estiva e dunque scarsezza rispetto all’effettivo fabbisogno? I rettiliani? Le scie chimiche? Non sappiamo. Resta un mistero e l’ombra dell’ennesima “mala ‘stati”.

La redazione

Ars lucrative in grande spolvero, ognuno ha il millennio che si merita

Ogniqualvolta un soggetto nomina il Medioevo in chiave denigratoria, uno studioso imparziale si accascia esanime al suolo.

Una litania martellante proferita al fine di sovrastimare, tramite chiaroscuro, i mediocri standard dei giorni nostri.

Introduco tali considerazioni con lo scopo di esaminare le cause di un declino apparentemente inarrestabile.

Nello specifico, la scienza politica, sorta dalla necessità di organizzare e pianificare la vocazione dell’uomo alla socialità, patisce l’infermità delle ars lucrative.

Sussiste infatti un collante tra le arringhe dei politici e la logica di profitto: il primordiale istinto di sopravvivenza.

Questo, nel tanto bistrattato Medioevo, si era capito. Ma – se volessimo andare indietro nel tempo – i greci arcaici avevano già riconosciuto nelle “finalità democratiche”, le aspirazioni carrieristiche della classe media.

Altri uomini, altri valori. Il capitalismo aggressivo del ventunesimo secolo non concede sconti e avviluppa il reame politico, nella pretesa di imporsi quale metro assoluto. Così, anche coloro che hanno intrapreso studi umanistici e scientifici, ambiscono al modello antropologico del dirigente d’azienda o dello speculatore e perciò sviluppano il loro bagaglio professionistico certi della proficuità del loro investimento.

Sarà per questo che, oggi, mi sono ritrovato all’interno di una sala sfarzosa del Comune di Reggio Calabria, non più dimorato da veri Signori (categoria ormai in estinzione), ma infestato da imbonitori i quali misurano le parole parimenti ad un’operazione di mercato, dove i punti cardinali di una civiltà sono vilipesi e sbeffeggiati nel nome della credibilità, della reputazione, della flessibilità e altre sciocchezze partorite sotto l’ombrello della volgarità.

 

Beyoncè chiede il Colosseo ma è occupato dalla pop star Alberto Angela

In principio fu Piero Angela, la vera costante nella vita degli italiani dagli anni ’70 ad oggi. Pietra miliare della divulgazione scientifica, ci ha insegnato che si può parlare di particelle subnucleari e usi e costumi dei Visigoti, attraverso un documentario in prima serata sulla principale rete italiana, senza pericolo di narcolessia per i telespettatori. E dopo Piero, insignito di 8 meritate lauree Honoris Causa che si avvicina alla soglia dei 90 anni, c’è il di lui figlio, Alberto, che invece ci ha insegnato che si può diventare sex simbol parlando di reperti archeologici Inca ai piedi del Machu Picchu con le zanzare che ti ronzano attorno. L’Italia deve molto agli Angela, la famiglia che ha trasmesso agli annoiati comuni mortali la possibilità di poter comprendere, con gli occhi della meraviglia, le scienze, il big bang, il funzionamento della meravigliosa macchina umana e le emozioni della storia antica con un linguaggio chiaro e conciso, che si accompagna anche all’umorismo che è la chiave dell’intelligenza, con uno stile irripetibile. “Divulgazione è partecipazione.” Ne è convinto Piero Angela che grazie a “SuperQuark” tiene ipnotizzati davanti alla tv milioni di italiani, anche in un qualunque mercoledì estivo (la stagione 2018 è iniziata il 4 luglio) quando i palinsesti vengono sfoltiti e l’italiano medio fa zapping seduto in canotta sul divano, con il ventilatore acceso. Piero Angela ci ha insegnato che la scienza è di tutti e per tutti, anche lontano dalle mura accademiche e dai luminari con la barba bianca. L’Italia deve tanto all’opera umile e immensa di questi due uomini, patrimonio della nostra cultura, e l’Italia è tutta dalla loro parte. Proprio qualche giorno fa, secondo quanto riportato dal quotidiano “Il Messaggero”, la cantante pop Beyoncè avrebbe chiesto di poter girare delle scene per il suo nuovo video musicale all’interno del Colosseo. Tra i motivi del diniego a tale autorizzazione, la richiesta sarebbe pervenuta “last minute” rispetto i tempi necessari e poi…la sera tra il 7 e l’8 luglio l’Anfiteatro Flavio sarà già occupato da Alberto Angela. Certo, la possibilità che il Colosseo faccia da sfondo ad una clip della star internazionale stuzzica gli appetiti del Ministero dei Beni Culturali quale occasione imperdibile in termini di pubblicità , tant’è che le trattative tra Beyoncè e il Ministero starebbero continuando ; e i commenti del web sono tutti a favore della vera star italiana, Alberto Angela: almeno per il momento, a Beyoncè, non resta che portare il caffè alla troupe del divulgatore.

Fabrizio Corona ospite della movida reggina: ne abbiamo davvero bisogno?

Lo so. Il titolo sembra estratto da una rivista religiosa ma la questione è davvero desolante. A luglio un noto lido della costa jonica reggina sarà onorato dell’illustre presenza di Fabrizio Corona . Ma ripassiamo un attimo, per i più smemorati, quale vip verrà a “sciabolare” in un privè delle nostre latitudini: nell’immaginario collettivo, Fabrizio Corona, il “bello e tenebroso, ci riporta indietro negli anni 2000, quando essere sbattuti su una copertina di gossip poteva ancora essere una dignitosa ambizione, soprattutto se con te, a campeggiare in foto, è Nina Moric in bikini, prima, e Belen Rodriguez, dopo. Certo, se ci fermassimo a questo di lui ce ne importerebbe ben poco e lo rilegheremmo volentieri nell’angolino dei soggetti innocui “senza infamia e senza lode” sfornati dal mondo dello spettacolo. Ma dopo l’inchiesta Vallettopoli, le estorsioni a Lapo Elkann, Francesco Coco, Adriano, David Trezeguet, casi di corruzione, detenzione e spendita di denaro falso, bancarotta fraudolenta e frode fiscale, l’arresto in Portogallo dopo il tentativo di fuga e l’affidamento ai servizi sociali (rinvio a Wikipedia per tutti i dettagli), tutto il fantasioso circo mediatico che gli ruota attorno, ci solletica il dubbio che da tutto questo abbia tratto solo linfa vitale per coltivare il suo personaggio. Dopo il libro “Mea culpa” e la canzone rap “Corona non perdona”, manca all’appello la calamita da frigo con il carcere di Opera a completare il tristissimo quadretto.
E insomma, ben venga che Fabrizio voglia ricostruirsi una vita dopo le sue vicissitudini giudiziarie, è un suo diritto che non mettiamo certo in discussione. C’è da chiedersi, e qui l’obiezione inizia ad essere lecita, se in riva allo Stretto ci sia bisogno dell’esempio di ragazzotti dall’aria sborona e spavalda ad animare la movida notturna…come se la specie autoctona non assolvesse già abbastanza a tale fabbisogno. Se Fabrizio venisse qui, proprio a Reggio, per raccontarci la sua esperienza di errori, del carcere, del suo cammino di redenzione, di come sia “banale”, a volte, farsi accecare dal sogno di una vita facile, per poi finire risucchiato dal vortice che alla fine ti sputa fuori con le ossa rotte e una vita da ricominciare da capo…pensaci, Fabrizio.