Definiamolo così: una star di nicchia, non certo per il significato che solitamente diamo alla locuzione, quanto per delimitare la sfera di successo che sta avendo un nuovo fenomeno social/musicale, ovvero casa nostra. Angelo Famao, classe 1996, è la nuova digi-evoluzione di cantante neomelodico: originario della Sicilia (secondo il profilo ufficiale di Instagram vive a Catania), canta in simil-napoletano, ha superato lo Stretto di Messina e sta spopolando in Calabria. Ormai non perde un evento sul suolo regionale, dalla sagra di paese alle feste di compleanno, e pare sia il regalo più apprezzato ai matrimoni dopo la batteria di pentole della nonna. Non è difficile intuire che si tratta di un ragazzo che ha fatto di necessità virtù. Da appassionato di musica (si legge “Professione: cantante”) si è pian piano costruito il suo giro di eventi privati dove viene accolto da guest star tra gli strilli delle zie e delle comari più attempate che volentieri per lui si sfilerebbero la pancera e gliela lancerebbero contro, prese dal picco di libido, tradendo così l’intramontabile Micu U’Pulici.
Scorrendo i suoi canali social dove sono state immortalate le sue entrate in scena in modalità “sorpresa” durante le feste e correlate lacrime d’emozione della componente femminile presente, impressiona non solo l’abbigliamento “sottovuoto” e il capello laccato ma il seguito fatto di oltre 53mila followers su Instagram e di oltre 27mila sulla pagina Facebook che lo inseriscono di fatto nell’Olimpo delle meteore che social e mondo della musica costruiscono e nel giro di poco fanno sparire con l’avvento di un nuovo fenomeno. Ovviamente non lo auguriamo ad Angelo Famao.
Ma quali fattori hanno contribuito a far arrivare questo ragazzo così in auge a livello locale? A Reggio, quanto in Calabria, l’amore per il folklore e la serenata d’amore in salsa neomelodica continua a resistere e in questo risiede l’origine del successo anche tra i più giovani. Lontani i tempi di Nino D’Angelo che con il suo caschetto d’oro e “Nu jeans e ‘na magliett” faceva sognare e innamorare le ragazze: oggi il “principe azzurro” ha la camicia attillata, scarpino lucido e sopracciglia spinzettate e canta “Tu si’ a fine do munno”.
Pensate che con questa recensione abbia voluto demolirlo? Assolutamente no. Anzi, apprendiamo da una diretta facebook che giorno 30 giugno sarà nientepopodimenoche a Corigliano Calabro.
Nel 2019 prima il governo o la nuova serie de “Il Trono di spade”?
Stamattina un italiano si è svegliato con la consapevolezza di dover rispolverare il “Martines” ( noto testo universitario di Diritto Costituzionale, ndr), poi correre più veloce di tutti a postare sui social la propria sullo stallo politico che, con ogni probabilità , ci porterà a nuove elezioni nei prossimi mesi. Ma cosa è successo nelle ultime ore? Giuseppe Conte, il prof dal curriculum chilometrico e super criticato ma che verrà ricordato per aver ordinato una margherita da asporto ( scoop Ansa) , ha rimesso l’incarico di premier nelle mani di Mattarella, non riuscendo a superare l’empasse sul nome del nuovo ministro del Tesoro, Paolo Savona. Insomma, una domenica sera movimentata al Quirinale: Conte, premier per un weekend, lascia e Mattarella convoca subito Cottarelli, come se qualcuno vicino al Pd dovessero rifilarcelo per forza. Da qui è partita una shit storm contro il presidente della Repubblica , reo di fare gli interessi di Germania, Bruxelles e lobbies finanziarie che in confronto quelle su Napolitano, quando ai tempi diede l’incarico a Mario Monti, sembravano critiche tra anziani al torneo di bocce. L’economista Carlo Cottarelli ha spiegato che si presenterà in Parlamento con un programma che porterà l’Italia al voto nel 2019, dopo il sì alla Legge di Bilancio, se avrà la fiducia; poichè a conti fatti non avrà la fiducia dalle Camere, si potrebbe tornare alle urne già dopo agosto. Comincia quindi la conta per i numeri in Parlamento: pare che al momento l’unico a sostenere l’esecutivo Cottarelli sarà , in modo talmente scontato che la notizia di Ansa con le dichiarazioni di Martina suona addirittura superflua, il Partito Democratico. Non ha preso posizione Forza Italia, mentre Salvini avverte che se Berlusconi dovesse appoggiare Cottarelli, salterebbe la coalizione di centrodestra. Nelle prossime ore Cottarelli presenterà la sua spartana lista di ministri al presidente Mattarella e poi… è tutta un’incognita. Intanto però la domanda viene spontanea: nel 2019 l’Italia avrà prima il Governo o la nuova serie de “Il Trono di spade”?
Pensavate che i colpi di scena fossero finiti per oggi? Beh, il Cavaliere ha annunciato, pochi momenti fa, che Forza Italia dirà no a Cottarelli e…non esclude la propria candidatura alle prossime, ormai imminenti, elezioni con il centrodestra unito. Alea iacta est
La Calabria che vuole cambiare con le ali tarpate da pregiudizio e sospetto
“Mentre il corpo bruciava, spaccavamo le ossa con una pala. Le era entrata nella carne e lei aveva molti colpi in faccia, una parte della faccia era schiacciata». Così Carmine Venturino, ex fidanzato della figlia, raccontò fornendo i dettagli dell’uccisione di Lea Garofalo, avvenuta nel novembre 2009. Una donna forte ma delicata che sognava per la figlia Denise una vita diversa da quella che le aveva riservato stare accanto a Carlo Cosco, il suo carnefice. Lea era sorella del boss di Petilia Policastro che assieme a Cosco gestiva alcune piazze di spaccio nel milanese. Quando il fratello venne ucciso in un agguato, Lea dichiarò al Pubblico ministero: “L’ha ucciso Giuseppe Cosco (detto Totonno U lupu), mio cognato, nel cortile nostro». Diventò testimone di giustizia, una decisione e una svolta che per chi è nato e cresciuto in alcuni ambienti, dove tutto gravita attorno all’onore della “famigghia”, significa dare una sforbiciata netta alle proprie radici e come in questo caso, firmare la propria condanna a morte. Ricordo una lezione all’Università Mediterranea tenuta dal dott. Nicola Gratteri, attuale procuratore di Catanzaro, quando disse che molte donne delle famiglie di ‘ndrangheta sono le custodi della memoria, dei ricordi e, nella maggior parte dei casi, tengono vivo il fuoco del rancore che anima le faide, pur sapendo che il destino dei loro figli potrebbe essere quello di morire stramazzati al suolo a colpi di pistola o riempiendo le celle delle carceri. Non è questo il caso di Lea e neppure quello di Giuseppina Pesce di Rosarno: quest’ultima, stanca, per amore dei suoi bimbi ancora in tenera età ha “vomitato” ai magistrati tutte le schifezze di cui era stata testimone: per i suoi figli ha visto lontano, una vita diversa da quella che per tanti rampolli viene passata a fuggire, nascondersi, difendersi, sparare e morire come topi. Giuseppina è ancora viva.
Lea, nel 2009, dopo una passeggiata con la figlia Denise, venne rapita. Torturata ed uccisa, il suo corpo fu bruciato per tre giorni in un campo di San Fruttuoso, a Monza, perchè fosse cancellata ogni traccia della sua esistenza, della sua ribellione, della sua “infamità “. Carlo Cosco e i suoi complici sono stati condannati all’ergastolo. Di lei ci rimangono 2000 frammenti ossei, una collanina e l’esempio di donna e madre, l’eco di un “no” fragoroso a certe dinamiche che ancora oggi, nell’Anno Domini 2018, atrofizzano qualunque sogno. La storia di Lea è oggi ritornata a fare rumore perchè la sorella, Marisa Garofalo, si è vista rigettare la richiesta di risarcimento di 50mila euro dal Fondo vittime della mafia: non sarebbe del tutto “estranea agli ambienti delinquenziali” secondo la Prefettura di Crotone, sebbene per i tribunali la somma le spetterebbe. Chissà quale sarebbe stata la reazione di Lea davanti a questo diniego e a queste parole, davanti a tutti quei casi in cui, chi è nato nelle sabbie mobili degli “ambienti delinquenziali” e annaspa per uscirne , si è ritrovato a combattere nemici silenti: il pregiudizio e il sospetto.
Reggio, piante di bergamotto contro il terrorismo…che ideona!
Un po’ di romanticismo, un pizzico di favola, qualche grammo di richiamo alla tradizione ed eccola confezionata: si tratta della ricetta del secolo che dovrebbe metterci al sicuro dai kalashnikov e dalle bombe rudimentali degli estremisti islamici. E’ la proposta dell’architetto Boeri che invita a coltivare la bellezza come “arma” contro la bruttezza dei recenti tristi episodi verificatisi in Spagna, Germania e Finlandia; il termine “coltivare” non è casuale: Boeri, infatti, propone di abbellire le aree urbane con fiori e piante perchè “le foglie sono utili per assorbire i veleni dell’area urbana”, forse però più efficace ed utile contro lo smog cittadino.
Ora, non credo che Reggio sia in cima alla lista dei bersagli appetibili dell’Isis, fatto sta che anche il Sindaco Falcomatà ha abbracciato l’enfatica trovata e indirizzato unaletteraai cittadinicon l’aspettativa che diventasse virale, ma che di virale ha avuto solo la “perculata” sul web. Che Falcomatà avesse un debole, non ricambiato, per la botanica lo avevamo un po’ intuito con una sua uscita facebook diventata poi un tormentone estivo: “Oggi si è verificato il crollo di una cosiddetta branca di ramo arboreo sul Lungomare Falcomatà . Nello specifico, la causa va individuata nell’eccessiva differenza di temperatura interna della pianta e le condizioni esterne, particolarmente elevate in seguito ai ripetuti incendi di questi giorni.” E anche in quell’occasione, “perculata virale” e molto scetticismo da parte di molti che si sono visti propinare una potenziale panzana per quietare gli animi già surriscaldati dal caldo estivo. Stavolta invece, la proposta è di collocare piante di bergamotto in giro per la città . Una pensata niente male, soprattutto se volessimo pubblicizzare al meglio un prodotto locale che tanti turisti disconoscono e che, in altri posti, da “oro verde” avrebbero fatto diventare “oro colato”.
Insomma ci eravamo quasi scordati del capitolo “alberi” in città per passare al successivo capitolo “grave crisi idrica”, per tornare a ripassare il primo con un approfondimento sul bergamotto: Lo spin doctor del sindaco è un pollice verde mancato con doti divinatorie? Non lo sappiamo, intanto però, secondo una fresca notizia ANSA, l’Isis starebbe incitando, tramite Telegram, i lupi solitari ad attaccare l’Italia…dove noi abbiamo un’ottima intelligence, un grande esercito e…numerose “bergamottare”!
Comune, Cronache di una guerra all’ultimo post
Era più atteso dell’ultima stagione diGame of Thronesma, alla fine giovedì sera, alle 21 spaccate, è arrivato. Parliamo ovviamente del post di replica del sindaco Falcomatà all’ex assessore ai Lavori Pubblici Angela Marcianò. Una gara a chi ce l’ha più lungo, ovviamente il post, che ha polarizzato una città e spinto molti ad auspicare che la professoressa diventi il prossimo sindaco di Reggio Calabria; anche molti esponenti di destra si sono aggregati a questa pensata, forse travolti da un’ondata emozionale al grido di “Tutti tranne Peppe Falcomatà ” e senza tener conto che, tesserata o no, stimata o no, Angela Marcianò è ormai sotto vessillo PD.
Insomma la diatriba è nota a molti ed in cima ai Topics da qualche settimana a questa parte. Per i più disattenti, facciamo un riassunto delle puntate precedenti: Angela Marcianò viene chiamata da Renzi che dice “Angela, scelgo te!”, non controBulbasaurma comenuovo membro della Segreteria Nazionale PD, lei accetta e con il suo sì diventa parafulmine di ire funeste. Il rapporto fiduciario con il sindaco si incrina e da lì al ritiro delle deleghe è un attimo, peraltro appreso dalla Marcianò attraverso la Gazzetta del Sud, senza preavviso. Roba che neanche i lavoratori Sogas licenziati qualche settimana fa (leggi qui). Il tempo di schiarirsi le idee e l’ex assessore fa quello che fanno molti appena vengono mollati: si attacca a facebook. Unlunghissimo postper narrare molte vicende poco chiare al Comune, un fiume in piena di cui riportiamo alcuni passi che non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni: “Penso alla vergognosa vicenda dell’hotel Miramareaffidatoall’amico del sindacosenza nessuna procedura di manifestazione di interesse e con l’autorizzazione ad eseguire lavorisenza autorizzazioneda parte dellaSoprintendenza, che è obbligatoria nel caso di immobile di pregio storico ed architettonico, alParco Casertavenduto a privati in manieraassolutamente illegittima, alla delibera sul sistema della mobilità che mandò in rivolta mezza città , alla vicenda dei lavori arbitrari sul corso Garibaldi e sulle vicende delsequestro penalein cui mi sono ritrovata e che faticosamente ho dovuto risolvere, assumendo l’impegno personale diripristinare la legalità sia con la Soprintendenza che con il pm procedente”. Oppure “Ricordo ancora la vicenda delcanile municipalediMortara, quella del trasferimento della nuora di un boss aPalazzo San Giorgio, della presenza a Palazzo San Giorgio diPaolo Romeo(ritenuto testa pensante della’ndranghetae imputato del processoGotha,ndr) ‘invitato’ comeconsulenteed amico di taluno e forse di tanti (come emerso dai fatti giudiziari) sulle vicende della città metropolitana che stava per nascere. Penso ancora alla fase attinente la preselezione della new-coCastore e Polluce(società in house del Comune, ndr), allicenziamento illegittimodella vigilessa e da ultimo altrasferimento ritorsivodei funzionari assegnati ai lavori pubblici, guarda caso tra i più operativi del mio settore, che ha mandato in tilt settori nevralgici dell’amministrazione, tanto da costringere il dirigente Romano a darne immediata comunicazione al Prefetto”. Il 25 luglio è “saltata un’altra testa”: il dirigente ai Lavori Pubblici, Romano, si è dimesso.
“Sonouscita dalla simpatiadel sindaco quasi subito e cioè quando si è accorto chenon ero condizionabile, nè intellettualmente nè caratterialmente, ed in tempi più recenti quando sono statacooptatanellasegreteria politica del Pd, incarico al quale egli vivamente aspirava, per cui la mia estromissione dalla giunta non rappresenta solo unastolta ripiccama è la garanzia che l’ulteriore percorso della consiliatura avrà soltanto lui come protagonista”.
Giuseppe Falcomatà non aspetta l’alba del terzo giorno per replicare e lo fa anche lui con un sudatissimo post in cui rivendica le sue scelte e affermando che “non è consentito, a nessuno, nè tantomeno a chi ha fatto parte per trentadue mesi della Giunta comunale, di gettare ombre e fango sull’operato dell’Amministrazione comunale.
Dette dichiarazioni, astiose e fuorvianti, attestano la correttezza politica della decisione della revoca dell’incarico delegato”. Il sindaco ha risposto anche a chi non ricordava più perchè la Marcianò fosse stata scelta nell’esecutivo cittadino:” Furono convergenti sollecitudini a convincere il Sindaco a soprassedere sulla non appartenenza politica della Marcianò al centro sinistra della città .L’obiettivo era chiaro: affrontare l’impegno amministrativo con una Giunta composta da politici (candidati ed eletti) e da tecnici, senza pensare minimamente, anzi, di condizionare, “nè intellettualmente nè caratterialmente” alcuno bensì lavorare nell’esclusivo interesse della città .Peraltro, la nomina della Giunta è, e resterà , un’esclusiva prerogativa del Sindaco. A tutte le accuse mosse dall’ex assesssore, viene risposto che appare strumentale utilizzare notizie lette sulla stampa e cavalcate dalla minoranza, e già più volte chiarite, per cercare di prendersi non meglio specificati meriti; è puerile e conferma la volontà di creare una contrapposizione con la maggioranza di cui fino a ieri si è stati parte o si diceva di esserne.Quasi tutti i fatti, estrapolati da informazioni già note grazie ai mezzi di informazione, risalgono infatti a prima del rimpasto. Circostanza non di poco conto poichè, se si fossero intraviste, in questi atti, fattispecie di reato l’ex assessore aveva l’occasione per fare un passo indietro nè, nel caso delle delibere di Giunta, come si dirà più avanti, le avrebbe votate.Appare evidente, tuttavia, che le dimissioni avrebbero offuscato un certo atteggiamento vittimistico e di alterego sul quale fondare possibili innovati impegni politici-elettorali.Si rimane basiti a leggere, tra le altre cose, i riferimenti al dirigente Cammera quasi fosse stato protetto dal Sindaco. Come si ricorderà , dopo qualche tempo dall’insediamento, il Sindaco durante un intervento pubblico esposto a Roma, tra gli altri, alla presenza del Presidente della Repubblica, delle più alte cariche dello Stato e della Commissione nazionale antimafia, lamentava l’impossibilità di incidere sull’organizzazione comunale, sulla rotazione dei dirigenti, poichè per effetto del “piano di riequilibrio” la legge non permetteva l’assunzione di nuove figure apicali.”
Una guerra a colpi di post di cui molti attendono un sequel, chi sui social, chi in un’aula giudiziaria. Intanto, dopo lo striscione esposto al consiglio comunale di venerdì in cui si chiedevano le dimissioni del sindaco, sabato un movimento spontaneo ha protestato pacificamente sotto le finestre di Palazzo San Giorgio(leggi qui). Insomma, la fiducia tra il primo cittadino e un suo assessore è definitivamente “svapata”: a quella con i cittadini ci ha pensato?
Quando il PD si leva le fette di prosciutto dagli occhi
C’è puzza di bruciacchiato in città , ma non è solo colpa degli incendi che qui e lì stanno divorando le periferie rendendo il paesaggio brullo e desolato. Ad essersi incenerito è l’orgoglio- era ora- del sindaco Falcomatà che, come riportato da altre testate, dopo svariate di pillole di Maalox avrebbe finalmente alzato la voce alla direzione nazionale PD qualche giorno addietro, si sarebbe finalmente scomposto i capelli e sulla camicia si sarebbero finalmente visti i segni di sgualcitura di una giornata infernale. Un sindaco inamidato sempre fresco di lavanderia, negli ultimi mesi, che si è stancato di giocare il ruolo delle tende di Palazzo San Giorgio e si è scomposto. Sì, perchè basta chiedere in giro cosa ne pensino i reggini per sentirsi rispondere che questa amministrazione è da mediocrità in pagella, dove la fiducia è ai minimi storici, in una città ancora (positivamente) rustica che rifiuta le sovrastrutture e preferisce la semplicità delle sue tradizioni, che pretende risposte essenziali immediate, non ragionamenti di alta filosofia che filano via alla prima sferzata di scirocco: con quelli non ci si fa mica la doccia in casa, nè sistemano il manto stradale, nè risolvono tutti gli annosi problemi con i quali ci siamo- purtroppo- abituati a convivere (i reggini sono oggetto di studio delle teorie Darwiniane confermando la tesi sull’adattamento, come i fringuelli delle isole Galapagos) . A leggere le esternazioni di Giuseppe Falcomatà versus Renzi qualcuno ha creduto seriamente che avesse cambiato improvvisamente bandiera, alla stregua di quelle coppie che per mesi fingono che vada tutto bene e poi uno dei due si alza una mattina e fa le valigie, rinfacciando i rospi ingollati mesi prima e litigando su chi debba tenersi il cane e il servizio di piatti: in questo caso il sindaco avrebbe esclamato proprio che “Serve un programma serio per tutto il Sud, a partire dall’immigrazione e passando per il lavoro, le opere pubbliche e la mobilità ». Era ora che venisse ammesso il vuoto abissale in cui sta finendo tutto il Sud, imbambolato da promesse illusorie e liquidato con un colpo di sciacquone . Dopo il flop al referendum, dopo l’horror show con protagonista l’Aeroporto dello Stretto, dopo l’umiliazione subita ai ballottaggi a Catanzaro, per il PD calabrese “il treno ha fischiato”, afferrato per i capelli. La stagione congressuale per i circoli sul territorio è stata annunciata per il prossimo autunno e si parla di azzeramenti e aria nuova, o almeno così molti si augurano sperando non vada a finire come è stato per Renzi, ora al suo secondo mandato alla guida della segreteria nazionale : gira e rigira se lo sono ritrovati di nuovo tra le balle.
Sopravvivere ad un Consiglio Comunale tanto a lungo da poterlo raccontare
Ci sono esperienze- all’apparenza inverosimili- che tutti dovremmo fare nella vita, che siano un salto in bungee jumping dal ponte di Bagnara o unincontro del terzo tipo (come può esserlo quello con un postino bresciano nei paesini dell’entroterra aspromontano), ma credo che una giornata in consiglio comunale, a giugno, non la batta niente; per chi vuole temprare la mente e il fisico senza necessariamente attenersi al programma di allenamento del maestro Miyagi in “Karate kid”, quello è il posto giusto. La sala consiliare “Piero Battaglia”, aperta questo giovedì agli interventi del pubblico sulla infinita questione aeroportuale, ha accolto i reggini con temperature tropicali e questo spiega probabilmente la presenza di pochi superstiti dotati di ventaglio e di qualunque supporto in grado di muovere un alito d’aria stagnante mista alle sfumature di ascelle pezzate. Una prova di forza di 4 ore per qualunque deodorante in commercio e per qualunque processo di liquefazione, per chiunque sia sopravvissuto al discorso iniziale di ben 15 minuti di politichese stretto tenuto dall’on. Sebi Romeo alternando colpi di sonno ad espressioni da “che mazza stai dicendo ?” e salutato con lo sventolio, non delle bandierine colorate ma di uno striscione che ha rivolto uno specifico richiamo alla responsabilità politica sulle varie vicende, ma una prova di forza soprattutto per qualunque briciolo di lucidità rimasto a chi ha creduto veramente che la propria voce potesse contare qualcosa e che sì, come più volte ribadito dallo stesso sindaco, il consiglio aperto sulla questione “aeroporto dello Stretto” denota la vicinanza dell’amministrazione ai cittadini, rivelatasi tuttavia impermeabile a qualunque critica e anche a qualunque sudore. Ai presenti è sembrato che sindaco e giunta, se avessero potuto, avrebbero pigiato il tasto “muto” del telecomando e, anzi, difficile non pensare alle tipiche scene degli arresti negli Stati Uniti, quando il poliziotto infila le manette ai polsi ed esordisce con “qualunque cosa dirai potrà essere usata contro di te”. Insomma se partecipi ad un consiglio comunale aperto, che tu sia un professore universitario titolato e con approfonditi studi alla mano o un semplice pirla che vuole avanzare una proposta, devi stare attento a fare le seguenti cose:
– Applaudire agli interventi di chiunque: rischi di essere accusato di “collusione” con chi ha detto una cosa sensata e condivisibile o di far parte del suo entourage;
– Presentarti come “cittadino”: qualcuno potrebbe supporre che tu possa essere manovrato da qualche potere occulto;
– Esprimere la tua ideologia politica di appartenenza: qualcuno potrebbe mettere in discussione la tua etica, ma soprattutto guai ad aver partecipato ad altre manifestazioni di corrente avversa (anche solo se attirati dal buffet) o, peggio ancora, ad avere un cugino-zio-marito-cognato-suocero appartenente ad altro partito o movimento, situazioni documentabili attraverso fb e alle quali chiunque potrebbe accedere per appigliarsi a qualsiasi tentativo di delegittimare il contenuto delle tue frasi. Per lo stesso motivo, a quanto ho capito, matrimoni “misti” come quelli fra l’on. Francesco Boccia (Pd) e Nunzia De Girolamo, unione sugellata quando lei era tra le fila del Popolo della Libertà , non dovrebbero venire ad esistere, dove il caso di infedeltà politica è stato bandito, tuttavia su Wikipedia risulta che il matrimonio sia ancora in piedi, anche se nulla toglie all’ipotesi che tra le mura di casa musi lunghi e piatti volante siano il modo migliore per definire le divergenze, o che uno dei due abbia dormito sul divano per colpa del Tedeschellum.
Insomma, si metta l’anima in pace chi conserva gli alti ideali della democrazia, dell’agorà , dello spirito critico e della voglia di mettersi in discussione sul serio. Attenti al “ban”, non solo su fb.
Reggio, la Bella Signora con buche e crema antiage
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Allagamenti, voragini stradali, alberi sradicati e auto fuori strada. No, non siamo in una puntata di “Cacciatori di tornado” nè tantomeno in Florida dopo un uragano tropicale. Siamo a Reggio Calabria, dove ieri le segnalazioni giunte da ogni angolo della città da parte di cittadini “leggermente irritati” dai disagi causati dalla pioggia della notte precedente, hanno fatto da sfondo ad una situazione paradossale. Anzi tragicomica. Affacciandosi dal balcone di casa (anche in periferia) è stato possibile rivivere la magia dei Mondiali 2006 con code di auto nelle strade secondarie e clacson strombazzanti, un vero carosello, ma il “Popopopopooo” era stato sostituito da imprecazioni e preghiere alle divinità del traffico. Se da un lato ci meriteremmo un Guinness World Record per essere fieramente campioni di “guida imprudente su asfalto bagnato” (un paio di incidenti in un tratto di pochissimi chilometri nell’arco temporale di mezzora), dall’altro dovremmo seriamente interrogarci sulla tenuta delle nostre strade e, ancor, più dovremmo chiederci come possano dei tamponamenti, fortunatamente senza esiti mortali, paralizzare una città per molte ore e dargli un tocco etnico trasformandola in Bombay con le sue celeberrime vie congestionate da risciò e automobili. Defluito il traffico solo a mattinata inoltrata, l’asfalto è riapparso in una forma non certo smagliante, dove la manutenzione è una promessa in stile “lunedì comincio la dieta”, ma nel frattempo è già agosto. Contare le buche è stato come ritrovarsi allo specchio e controllare con desolazione i capelli bianchi, quando giri tra le ciocche e sembra spuntarne sempre uno in più. Reggio sta invecchiando e pure male, ma questo non lo dicono solo le statistiche (che non servirebbero neppure, basta guardarsi attorno e fare una conta di amici e parenti fuori per lavoro e studio) che la vedono tra le città con più alto tasso di emigrazione giovanile: a questo si aggiungono malesseri “psicosomatici” evidenti come la pelle cascante e la sciatteria di chi, depresso nell’anima, si abbandona ad un look trascurato. “Smart” è il tentativo pacchiano e forzato di mettere paillettes, rossetto fucsia e calze a rete ad una donna matura che, invece, avrebbe bisogno di un abito elegante ed un mirato “restauro”, senza necessariamente doversi mascherare per quello che non è e senza essere umiliata con vestiti succinti che non le donano e non si armonizzano con il suo naturale modo d’essere. “Smart” è un tentativo disperato di omologarsi ad altre città senza seguire il buon gusto ma soprattutto il buon senso, dove non serve stra-fare : serve migliorare quello che già c’è e proporre alternative ADEGUATE alla fisionomia della città , a partire dal settore trasporti e le reti stradali. Che poi il reggino, secondo Tom Tom, passi mediamente 100 ore nel traffico è emblematico del fatto che sia insita nella sua natura l’osmosi con il sedile dell’auto e che sì, sulla mobilità c’è un problema culturale oltre che di strade fatiscenti e piccole. Alla prossima pioggia!
Primarie PD, Renzi il “rigenerato”
Il 4 dicembre dello scorso anno un’onda energetica si è abbattuta sull’ex premier Renzi, travolto da una bomba di “No” abbagliante che, come in una scena da cartone animato giapponese, ha lasciato un cratere fumante con Crilin* convinto che ormai di Majinbu** non ci fosse più traccia. E invece in questi mesi la figura si è nuovamente ricomposta e i tanti pezzetti rosa si sono riassemblati. RIGENERATO è la parola più corretta per definire un soggetto politico che dopo essere stato gettato fuori a spallate dai suoi stessi compagni (è quello che sperava D’alema, il quale ha fatto prima a farsi un partito da solo, Sinistra Italiana) ha raccolto pezzi, idee e forze per ricompattare la dignità politica, trasformato in caramelle gli altri competitors, ma soprattutto ha riplasmato la faccia tosta. Perchè oggi, all’indomani dell’esito delle Primarie che lo hanno nuovamente e non tanto clamorosamente proclamato segretario del PD, lui candidamente dichiara, come in un libro da Nicholas Sparks, che “si tratta di una nuova pagina” della nostra vita. Non di una rivincita, si badi bene, perchè altrimenti gli altri concorrenti, il Ministro Orlando e Michele Emiliano, avrebbero potuto convincersi di avere delle possibilità . Si tratta più semplicemente di una prova di forza, la dimostrazione che la sua figura egoriferita non era stata scalfita dal voto popolare, sebbene lui stesso l’avesse messa nei mesi scorsi sul banco del macellaio convinto che quel referendum non significasse nulla. Cominciato il tour- non c’è altro candidato all’infuori di me- è venuto a prendere il caffè (era “pavatu”, pagato) e una boccata d’aria in via Marina a Reggio, in segreto, a preludio di una vittoria nella provincia reggina schiacciante e a dimostrazione che i bersaniani sono diventati una specie protetta come i panda, o hanno cambiato corrente come i salmoni. Non si può dire lo stesso nel resto della Calabria: nella provincia di Cosenza in non pochi comuni si è affermato su Orlando per il rotto della cuffia e senza percentuali bulgare, segno che non è più roccaforte del segretario regionale Pd Magorno, sempre più schiacciato dalla sconfitta al referendum e dal risicatissimo consenso consegnato nelle mani di Renzi. Outsider il governatore pugliese Emiliano, che ha tagliato la linea del traguardo in coda a tutti in sella ad un triciclo, ma va comunque premiata la sua caparbietà (e il masochismo) e infatti ha avuto la soddisfazione di mettere la bandierina a Palmi. Esilaranti poi tutte le vicende che ruotano attorno alle cabine elettorali nel nostro paese: l’ultima volta che gli italiani sono stati chiamati alle urne per il referendum, era stato Piero Pelù a farci appassionare di politica con la storia delle matite cancellabili e il fantasma dei brogli elettorali in stile stato africano del Gabon; stavolta, invece, sono circolate foto in rete in cui presunti immigrati erano in coda ai seggi, ed effettivamente Renzi ha parlato di 2 milioni di persone al voto, non per forza tutti italiani, quindi plauso alla coerenza.Tipici casi di comploDDismo dirà qualcuno. E per finire, a Cariati, nel cosentino, un seggio delle primarie Pd era stato allestito in un pub, luogo ritenuto non idoneo per le funzioni. Ma anche qui mi sento di nuovo di fare un plauso alla coerenza, soprattutto perchè poi può capitare che siano gli amici del pub (o delle serate in discoteca o del calcetto) a formare il team al governo, Reggio docet.
*l’amico scarso di Goku, il celebre protagonista della saga Dragonball
**mostro rosa dalla consistenza gommosa capace di trasformare gli avversari in caramelle e cioccolatini
Foto da Storie.it
“E’ la stampa, bellezza!”
Chi questo sabato ha avuto la fortuna di sapere per tempo della conferenza stampa indetta alla chetichella dal sindaco ed era presente a Palazzo Alvaro, che il titolo fosse “Aeroporto dello Stretto” o “Stampa e opposizione siete dei criticoni” non se ne sarebbe neppure accorto. Da più di due anni alla guida del comune di Reggio Calabria, Falcomatà non ha imparato la più basilare delle lezioni che dovrebbe acquisire chi decide di lanciarsi nel marasma e sottoporsi alla berlina politica, dibattendosi nelle sabbie mobili e rischiando di rimanerne sempre più inghiottito: incassare sportivamente le critiche. Chi era seduto in prima fila ha così corso il pericolo di essere colpito da uno dei dardi infuocati lanciati dal primo cittadino, che ha così sfruttato l’occasione di essere tornato a casa dopo la processione romana, con un risultato da +0,00001%, per rimandare ai mittenti tutti gli ammonimenti ricevuti in quest’ultimo mese, da quel triste giorno in cui Alitalia ha avuto la sciagurata idea di annunciare l’interruzione dei voli su Reggio non facendogli dormire sonni tranquilli, da quando è iniziato uno stalking mediatico che gli ha fatto salire l’ansia da prestazione. Verrebbe quindi da chiedere al nostro sindaco quale ruolo dovrebbe giocare secondo lui l’opposizione, a suo avviso colpevole di non aver perso occasione per attaccarlo: tappezzeria delle aule consiliari? Così, salito sul pulpitino, con fare da buon renziano ha tentato di smontare gli avversari dispensando invettive con perle cinematografiche e scomodando (quest’ultimo lo fa a conclusione) per l’ennesima volta, pezzo forte nel suo repertorio, Platone e il suo mito della caverna.
Lo stesso quesito verrebbe da porgli sulla stampa che, nella maggior parte dei casi, non gli ha riservato salamelecchi. Caso fortuito ha voluto che, tra i presenti durante l’arringa, ci fosse un consigliere dell’ordine dei giornalisti della Calabria, il quale ha avuto modo di ricordargli che gente di ben più alto calibro sopporta le stilettate inferte quotidianamente dalle colonne dei giornali. Magari con una risata. Senza aver voglia di appiccare il fuoco a qualche redazione e senza dare del frustrato invidioso a chi tramite articoli ed editoriali si è permesso di toccarlo. Allora dovrei pensare che Saviano e Travaglio siano degli sfigati, per dire. Falcomatà vacilla e si ricompone rispondendo che la sua è “un’opinione personale” e che la stampa dovrebbe riportare le notizie per quello che sono. Varrebbe però ricordargli che una stampa completamente asettica non esiste e che anche questo fa parte del grandioso gioco del pluralismo, il bello della democrazia. Senza pluralismo sarebbe dittatura, censura, bavaglio…insomma chiamatela come volete.
Un gioco che si fa anche a colpi di click (e bannamenti) dal quale, un sindaco social come lui, non dovrebbe sentirsi ferito. E se proprio le notizie riportate non gli stanno bene, con i modi simili a quelli di Fassino con Grillo anni addietro, “che si faccia un giornale suo”. Sempre che non ci sia già .