Chiunque abbia frequentato una festa di paese in Calabria, sa chi è Maurizio Scuncia, in arte Micu ‘u Pulici. Ma ormai la sua popolarità si estende ben oltre i confini regionali e nazionali: in Argentina, Canada, persino a Cuba, Micu è il patrimonio delle tante comunità di calabresi, che in lui trovano un condensato di folklore e l’antidoto alla nostalgia. Cantante, comico, promotore ed organizzatore di feste ed eventi, espressione della cultura popolare più autentica, i suoi motivetti riecheggiano per i paesini e nei quartieri dove sono presi in prestito da adulti e piccini per il divertimento di tutti.
In occasione della serata“Sanremo è Sanremo- Story”svoltasi contestualmente allafesta “i tri ‘da cruci”a Tropea (VV),Maurizio Scuncia, meglio conosciuto comeMicu ‘u Puliciha allietato il pubblico con i suoi soliti esilaranti sketch e le canzoni che ormai sono diventate parte integrante della tradizione calabrese.
Musica e ballo, brani italiani e internazionali, folklore calabrese e non solo, coniugati nello spettacolo”Sanremo è Sanremo Story – i migliori successi del festival”,che Venerdì scorso ha scatenato l’entusiasmo di migliaia di spettatori, tra cui parecchi turisti, facendo da spalla ad altri eventi, più prettamente legati alla storia della festa tropeana de”i tri da cruci”( i tre della croce), che è stata rinviata a venerdì scorso rispetto al tradizionale appuntamento, fissato ogni anno per il 3 Maggio.
Sul palco si sono susseguiti la talentuosa cantante e showgirlAlessia Digiòcon i musicisti e cantanti dellaMetropolis Cover Band, ad interpretare la crème della musica leggera italiana espressa nei più grandi successi di Sanremo,Occidentalis Karmaincluso; e poi le tre spumeggianti cantanti-ballarine del trio”Crystal”:Roberta, Jessica e Samuela, che hanno invece interpretato alcuni brani pop di successo. Dulcis in fundo, lo storico protagonista del folklore calabrese”Micu ‘u Pulici”, che con le sue esilaranti e sfacciate battute in dialetto calabrese è diventato un’icona della comicità di paese, anche trai calabresi all’estero.
A chiudere la serata, sul palco, anche presidente e vicepresidente delComitato Organizzativodella festa,Pasquale Tropeanoed il simpaticoNicola Cricelli, i quali, pur tra mille impedimenti e limiti, sono riusciti a non far saltare l’evento, raccogliendo le forze del paese.
Rendere il connubio di bellezza e cultura diTropea, incantevole borgo della Calabria incastonato sopra un promontorietto di roccia bianca sul Tirreno, non è impresa semplice. L’esperienza di un luogo così denso di sensazioni, non soltanto visive, ma fatte d’aria, sapori e storia, va colta passeggiando per i vicoli, sui lastricati, accarezzando le inferriate, sporgendosi sulle piazze a strapiombo sulle spiagge bianchissime. Miriadi di tonalità d’azzurro sfuggono ai pixel di un qualsiasi schermo di tecnologia presente o futura e scorrono al ritmo assolutamente analogico, quello della natura e del cielo. Bisogna, soprattutto, chiacchierare con qualcuno, tra le seimilacinquecento anime del posto:gente socievole, genuina, accogliente, che porta i lineamenti di tante dominazioni e la fierezza di altrettante rivalse.
Ogni 3 Maggio, a Tropea, si festeggia la più grande di queste vittorie, quella della battaglia diLepanto.Una festa spettacolare, piena della passione e della poesia che scorrono sotto il velo di diffidenza steso sulla Calabria, ma che ogni tanto zampillano fuori. C’è la storia, sublimata in forma di fuochi, musica, danze. Cose che passano inosservate fuori dalle mura: mancando processi o fatti di mafia, i giornali sono assenti. Ma torniamo alla festa ed alla sua storia.
“I tri da cruci”ovvero “I tre della croce”. Croci come quelle del tempietto che si trovava inVia Umberto I, dove si svolge la festa, ma soprattutto come i crocefissi che furono esposti nei vessilli durante la storica battaglia di Lepanto, cruciale per tutto l’occidente, che vide trai protagonisti proprio gli antenati degli abitanti di questo piccolo borgo, avamposto dell’Impero Spagnolo, di cui faceva parte.
Correva l’anno1571ed alla guida del capitanoGaspare Toraldo,più di un migliaio di tropeani – che si distinsero poi per valore militare – partirono per aggiungersi agli altri soldati, più di ottantamila uomini, provenienti dai vari imperi d’occidente andandosi a schierarecontro quelli, altrettanto numerosi, del fronte musulmano. Nel mezzo del Mediterraneo, presso Lepanto, al largo della Grecia, si svolse una delle più imponenti battaglie navali della storia.
Da un lato, Don Giovanni d’Austria a capo della Lega Santa, coalizione delle tredici potenze europee crisitane, dall’altro Lelè Mustafà ,a capo dei turchi ottomanicon i suoi ammiragli, trai più cruenti pirati di tutti i tempi: uno dei tre era il rinnegato, Uluc Alì Pascià (noto come Occhialì o Uccialì) calabrese di Le Castella convertitosi all’Islam per poter uccidere un nemico, napoletano, e che divenne poi famoso per i suoi eccidi sulle coste italiane. Fu l’unico dei tre capitani a salvarsi, perchè la battaglia fu fu vinta dai cristiani, sotto il vessillo della croce. Ed è così che oggi, a Tropea, non si porta il burqa.
Ed è anche per questo cheogni 3 Maggio(quest’anno, eccezionalmente la festa si è stata rinviata ad oggia causa di problemi tecnico-burocratici)vediamole tre crociesposte, ed il resto degli spettacoli pirotecnici ,sullo sfondo di stellate mozzafiato, che non sono fini a se stessi. Le sagome dei cammelli, rappresentano quello usati dai pirati saraceni durante le incursioni contro Tropea, così anche la loro nave sospesa sulla piazza.
Si ringrazia per la vittoria la croce, quella di Gesù Cristo, foriera allora come adesso di liberazione.
Nella festa, i bambini vanno in visibilio; ne incontriamo un paio vestiti da giganti. Una èMata, l’altroGrifone, spiegano. Suonano la”caricatumbula”il ritmo che accompagnerà durante la serata l’animale(“u camiuzzu i focu”, come chiamano la sagoma del cammello) che si spinge tra la folla, che lo accerchia. E’ una lotta tra i tropeani ed il loro nemico, finchè, tra scintille fuochi e volteggi, il male è esorcizzato: l’invasore, le sue navi, i suoi animali sono ridotti in cenere.
Sospesa tra la paura del fuocoe la chiamata al coraggio, sembra essere anche Tropea mentre festeggia, tra assenza di timonieri e silenzio stampa. Un pugno di uomini, quelli del comitato organizzativo, tra mille difficoltà e limiti, è riuscito in qualche modo a tenere in piedi la festa. L’impressione è che questo paese rimanga, come buona parte del Sud, in attesa della prossima Lepanto, quella che veda la cacciata dei nuovi invasori. Non soltanto quelli con la coppola e armati lupara, ma anche gli altri, in giacca e cravatta, che la circondano di letale, ma purtroppo legale indifferenza.