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Dal vangelo secondo i reggini

C’è una storiella apocrifa che in passato circolava, in vernacolo, tra i focolari reggini e che molti anziani ricordano. La ricordano per lo più i rassegnati e, salvo le logore memorie del tempo, fa un po’ così: un giorno Gesù Cristo venne salvato da 3 pastori delle nostre zone e volle ringraziarli esaudendo le loro richieste, i primi due chiesero altre pecore, il terzo chiese invece che morissero le greggi dei suoi vicini.

Gli antichi vedevano lungo e avevano una sensibilità, umile e genuina, che gli consentiva di leggere oltre le sovrastrutture che invece il reggino 2.0 si è costruito. Di certo oggi non sarà il bestiame del vicino a suscitare sentimenti di invidia. Lo saranno la macchina nuova, il lavoro nuovo, la casa nuova… E, perché no, anche le idee nuove. Immaginate un/una tal dei tali qualunque che ne ha piene le tasche di una città alla deriva e decida di mettersi in gioco, sensibilizza, informa, fornisce una lettura alternativa alle narrazioni ufficiali, usando gli strumenti che la democrazia mette per tutti a disposizione.

Ma il reggino 2.0, davanti all’impegno altrui, risponde con la forza dell’ignavia. Si ferma a commentare, fossilizzato nel proprio perimetro della comfort zone, con le mani rigorosamente sui fianchi. “Non c’è nenti”, una nenia tristissima. Troppo faticoso andare oltre formulando opinioni più articolate. Poi ci son quelli che sfogano le lamentele sui social, che abbiamo già citato in altre occasioni.

Ma l’ignavo per eccellenza è “l’avvelenatore di pozzi”. È colui il quale non mette in dubbio un’idea e la argomenta, com’è lecito fare. Mette in dubbio le persone, le delegittima. Mette in giro una voce, due, mai suffragata da esperienze dirette, lascia che sia il veleno della maldicenza ad agire, ad annientare il tale che si sta affannando, perché quest’ultimo non aderisce al sistema dominante, non è omologato, anzi è estraneo ai meccanismi reggino-sociali. Quindi il/la tal dei tali va fermato, bisogna farlo/la inciampare, non può avere seguito né consenso. Fanculo correttezza e verità. Nessuno può distinguersi e sopravvivere, ad eccezione della massa densa e melensa che parla di necessità di cambiamento, ma perché fa comodo che rimanga tutto com’é.

E quindi perché rischiare di passare per ominicchi e quaquaracquà? Tanto vale abbassare gli altri e non correre il pericolo che gli altri si accorgano che siamo nani.
Ci perdonerà Tomasi di Lampedusa se prendiamo in prestito le sue parole (che lui riferiva ai nostri cugini siciliani): i reggini “non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti, la loro vanità è più forte della loro miseria.”

La Redazione

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