Il procuratore aggiunto della DDA di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo ha continuato anche ieri in aula bunker, lo spaccato della ‘ndrangheta nelle sue connotazioni di vera e propria Istituzione. Una definizione, quella di istituzione, scioccante rispetto all’immaginario collettivo che limita il fenomeno mafioso alle lupare. In realtà, da un certo punto in avanti la componente occulta della ‘ndrangheta inizia a risparmiare i proiettili ed a manovrare piuttosto i “rubinetti” dell’economia, dosando allo stretto necessario le intimidazioni verso i politici esterni, per iniziare a generare i propri; coloro, cioè, che sarebbero stati chiamati, a partire dai primi anni del 2000 a portare avanti i progetti criminali su Reggio. E se Reggio viene definita “testa della ‘ndrangheta” nel mondo -usando la stessa metafora- l’accusa definisce Romeo come “la testa della ‘ndrangheta” stessa, deus ex-machina capace persino di far sedere al tavolo della pace gli schieramenti della seconda guerra di ‘ndrangheta al fine di realizzare la propria città.
Progetti consistenti nell’intercettazione dei flussi finanziari ed il riciclaggio dei capitali sporchi da destinare al territorio attraverso il filtro della macchina statale. L’economia, inutile dirlo, è il motore di tutto, soprattutto dei circuiti della componente militare che servono al mantenimento del potere mafioso. La ‘ndrangheta, assicura il pm a proposito, non ha smesso di avere fame. E nemmeno i cittadini, che, come tristemente ricordato nei giorni scorsi, pur non essendo ‘ndrangheta, vivono di essa.
Creature politiche di Romeo sarebbero soprattutto l’ex-senatore Antonio Caridi e l’ex sottosegretario alla Regione Alberto Sarra, mentre Francesco Chirico, imparentato coi De Stefano, sarebbe stato il tramite tra “sopramondo e sottomondo” mafioso. Loro il compito di dirigere la macchina politica.
Quanto ad Alberto Sarra, sarebbe stato l’interlocutore di Romeo sulle strategie politiche.
Ampio capitolo è dedicato alle dinamiche cittadine, in particolare al percorso politico di Scopelliti, i cui rapporti con Romeo non sarebbero diretti, ma che, in una serie di intercettazioni, l’avvocato avrebbe preferito a Naccari Carlizzi per una serie di motivi. In primis, in maniera naturale il politico convergeva in direzione degli interessi dei potentati economici reggini, come alcune società di servizi, utili alle future manovre di captazione di quello che viene definito il “fieno da Roma”; ovvero i capitali, derivanti dall’esternalizzazione di servizi e dall’attuazione del Decreto Reggio.
Per tali ragioni quando Scopelliti, approvato dall’allora dirigente di AN Fini, decide di candidarsi alle europee, Romeo lancia Pirilli per bloccarne la fuga e per dirigere Alberto Sarra alla Regione.
Importante la figura di Antonio Caridi, abile nel procacciarsi voti, si sarebbe mosso in maniera trasversale, mantenendo il contatto con tutti i mandamenti reggini; è definito da Pelle “uno dei nostri” e da Romeo “l’uomo giusto al momento giusto”. Per questo, sarebbe stato destinato da Romeo come senatore ai tavoli romani.
Cesare MINNITI