L’immagine di un abile statista, leader composto ed autorevole, politico onesto, patriota convinto – niente a che vedere insomma con Matteo Renzi – è quella che fino all’ultimo (ed oltre) il pinocchio di Rignanoha maldestramente cercato di mimare ad un’Italia ridotta a palcoscenico per saltimbanchi. Italia, che una volta tanto, se la ride di gusto. “Avete cacciato il mostro”dice copiando la battuta di Jokerin Batman Return. E con un ghigno di quelli che riecheggiano in perpetuo, il nostro eroe scompare nella nube sinistra, da dove l’aveva estratto a sorte la dea bendataNapolitano.
Le nubi si sono diradate, il cielo italiano se ne sta sereno. Ma come tutti i cattivi di ogni scontato palinsesto, Renzi vuole almeno lasciare ai suoi giustizieri un ultimo improbabile rimorso, quello di non essere vittime, ma carnefici. l’Italia, risponde virtualmente con qualche decina di milioni di pernacchie.
Vesti la giubba, la faccia infarina, recitava il premier, come i pagliacci del Leoncavallo, anche al teatro Cilea di Reggio Calabria. Solo poche ore fa, il Boeing 737 di Renzi era ancora parcheggiato con qualche posto libero per i clown e vice-clown sempre più incertamente protesi al Senato, pronti al vero decollo.Quello della carriera politica. In teoria bastava un sì, ed il Falcosìndacose ne sarebbe volato lontano dai problemi di Reggio. Lontano dai progetti turistici per il porto , abbandonati, dall’aeroporto Tito Minniti prossimo alla chiusura, dal progettoinabissatodel Waterfront , dal Parco Caserta incompiuto. E soprattutto, lontano dalle promesse elettorali sciorinate in fretta e furia per rastrellare qualche consenso. Invece ne servivano 157.491, di sì, soltanto a Reggio: qualcosa come il 68,95% dei reggini che non hanno obbedito alle lusinghe degli alfieri di Renzi ed alla sua nuova idea di costituzione .
Non ancora pervenuto, il Sindaco – chioma più che mai piangente – manda dall’oltretomba, in ricognizione al suo posto, una vocina falsamente fiera per il coraggio del suo Totem. Coraggio che il nostro primo cittadino non ha chiaramente voglia, nè sopratutto interesse ad imitare. Inviato, non appare in tv ad Immedia live nè ad altre telecamere. Rintanato nell’ufficetto di piazza Camagna (assieme al Vicesindaco Saverio Anghelone, al Vicesidanco Metropolitano Riccardo Mauro, al Presidente del Consiglio Regionale Nicola Irto, alla Consigliera Nancy Iachinoed altri) raccoglie l’ultimo alito renziano ed espira : “continueremo a lavorare”.
Addio, monti. Anzi addio colli. Enella fattispecie addio Aventino, Palatino, ma soprattutto Quirinale e Viminale, addio cene romane e selfiedavanti alla fontana di Trevi stile “la dolce vita”.
Trai superstiti, simula una sportività contrita il terremotato vicesindaco metropolitano Riccardo Mauro , barcollante nella notte in quei di Palazzo san Giorgio. Intervistato, va cercando per aria possibili smentite di quanto quel 70% di no al referendum possa significare per la sua parte politica. “Risultato netto, anche se non definitivo -ripete due o tre volte – sconfitta netta anche se i risultati non sono definitivi”e farfuglia qualcosa sul calcio. Forse si aspetta la rimonta dell’ultimo minuto. Ma non era un gioco, il tiro mancino che Renzi voleva giocare agli italiani.
Dopo la sconfitta, si spera che gli amministratori si dedichino finalmente a ricostituire la Giunta. Sarà poi interessante osservare la parabola di tutte quelle metropolitane di superficie, megaparchi coperti stile Los Angeles, ponti sullo Stretto ed altri sognipromessi in alternativa all’operato dell’Amministrazione, da due anni pressochè assente.Ma torniamo al nostro premier, ed alla sua carrellata di pillole di recitazione degne di ScaryMovie. In chiusura, si rivolge ai giornalisti, che prende per i fondelli un’ultima volta, raccomandando, colmo dei colmi, che la verità non venga stravolta dai vincitori. Vuole che rimanga così come l’ha lasciata, la bufala renziana. La immagina così, la sua creatura politica, a cavalcare l’immaginario delle generazioni a seguire, a pascolare in nuovi elettorati. Nonostante lo spread ed i mercati azionari snobbino già in queste prime ore il melodramma e le profezie di male gettate sull’ accozzaglia del No .
“Fatemi finire”chiede infine solennemente ai giornalisti, rivolto ad un immaginario cesso. Il ruolo, ora, è quello di Jonny Stecchino,scena finale. Continua fino all’ultimo, schivando pallottole virtuali. Nessuno, però, spara. E qualcuno, in mezzo ai festeggiamenti, ha un brivido di timore: A volte ritornano.