Bellissimo film, di quando la RAI ne mandava in onda per pomeriggi interi con un solo stacco pubblicitario fra primo e secondo tempo: il fascino esotico della Legione, da Camerone a Dien Bien Phu, e ancora oggi, col suo passo lento e cadenzato sulle note de ” Le Boudin” ovvero il chepì, copricapo caratteristico del Corpo, rimane immutato e anzi si arricchisce di sempre nuove entità culturali e religiose, che nella loro diversità hanno saputo dare, attraverso i secoli, il loro contributo per la gloria della Francia: dalla Cayenna al paradiso terrestre, la splendida Polinesia, la Legione mantiene le sue diuturne consegne sui più lontani confini dell’ ex Impero.
Malaria, febbri, morsi e punture di insetti, scorpioni e serpenti nei più sperduti atolli tropicali, hanno condito la sete di avventura di chi fuggiva da una vecchia vita (e da qualche condanna all’ergastolo) spesso riscattandosi offrendo la vita nelle rosse sabbie del Sahara, combattendo contro un’ agguerrita tribù berbera arringata da qualche beduino pervaso da sacro fervore. Fin qui l’epopea romanzata del Corpo: la realtà degli ultimi scampoli di un Impero formalmente disfatto nel “60, (con l’ indipendenza degli stati Africani ratificata addirittura da De Gaulle, che subirà alcuni attentati ad opera di un’organizzazione eversiva radicata fin nelle forze armate) è chiaramente significata nelle immagini del colpo di stato in Niger, con l’ Ambasciata Francese assaltata dai rivoltosi e Parigi che taglia i fondi destinati al Burkina Faso, come ritorsione per il suo appoggio alla giunta rivoluzionaria Nigerina: il mito della Legione sopravvive tra le polverose pagine dei romanzi e nelle pellicole dei film, tra le intense note della Marsigliese, nei vecchi fotogrammi di “Casablanca”.
Francesco Perri