Dopo neanche cinque minuti dalla chiusura dei seggi, una nube nera incombeva già su palazzo Chigi. L’ombra di un suicidio politico che si è protratto per mesi, quando tempo addietro lo stesso Matteo Renzi ha offerto la sua testa sul tagliere dei salumi, con un’iniziale nonchalance tipica di chi, sicuro del fatto suo, non ha tenuto in conto l’impatto del proprio savoir faire (?) e si è scordato di installare gli airbag. Ma la politica è anche questo. E se state immaginando la scena, aggiungete i corvi a completare l’immagine. E come corvi non intendo Salvini con la cravatta inamidata delle buone occasioni, nè D’Alema con l’aria tronfia da Prima Comunione. No, i rapaci sono altri e se rimanete un attimo in silenzio, potete sentire il gracchiare di parole livorose. Perchè sentire tra i commenti a caldo che il quasi ex-premier detiene la maggioranza e che il 60% dei no è frammentario, metterebbe in serio dubbio il fatto che questa chiamata alle urne non fosse politicizzata a monte, diversamente da come molti volevano invogliarci a credere. Reggio, stamane, si è svegliata con percentuali bulgare, un dato significativo che dovrebbe spingere ad affacciarsi dalla finestra di Palazzo San Giorgio o dagli uffici di Germaneto non solo per una boccata d’aria. Segno che vi è un partito che ha attecchito due anni fa in città (calcando un malcontento che oggi fatica a vedere) ma non è entrato nel cuore dei suoi elettori, come lo stesso leader che tre anni fa alle primarie ha vinto ma non convinto. Segno che vi è un dissesto, non soltanto idrogeologico, in atto. Allora, signori miei, il bello di questo mondo è lo scenario perennemente aperto, con attori e compagnie teatrali che si alternano, tra corsi e ricorsi storici. Largo ai nuovi protagonisti.
Foto (Vignette AGJ)