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Reggio Calabria e la mancata nomina a Capitale della Cultura: un’occasione sprecata tra chiusure e improvvisazione

La candidatura di Reggio Calabria a Capitale della Cultura 2027 si è conclusa con l’ennesima bocciatura per la città dello Stretto. Un esito prevedibile, ma che apre un dibattito fondamentale su come la cultura venga gestita e valorizzata in questo territorio. Lontano da facili vittimismi, è necessario chiedersi: Reggio aveva davvero i presupposti per vincere?

Secondo il professor Daniele Castrizio, la risposta è chiara: il problema non è stato solo il progetto presentato, ma il sistema che lo ha prodotto. “Abbiamo tifato per Reggio, il tentativo andava fatto – ha dichiarato Castrizio – ma il grande problema di questa città è un gruppo ristretto che si è chiuso in sé stesso, escludendo chi poteva fare ombra, professori universitari, professionisti di Reggio e di Messina. Questo gruppo ha deciso di mettersi alla prova e ha perso.”

Un fallimento annunciato, quindi, che non riguarda solo la candidatura, ma l’intero modello con cui Reggio ha tentato di proporsi. La cultura non può essere gestita da cerchie chiuse, né tanto meno da improvvisati. Serve una visione, un piano di lungo periodo e, soprattutto, il coinvolgimento di chi possiede le competenze per trasformare il potenziale della città in un valore concreto.

Una città che non sa valorizzare i suoi tesori

Uno degli aspetti più incredibili di questa candidatura è stato il tentativo di sminuire persino i Bronzi di Riace. “Hanno detto che i Bronzi sono inutili perché troppo conosciuti – continua Castrizio – ma stiamo dicendo cose un po’ folli, amici. Abbiamo un tesoro incredibile, dovremmo farlo conoscere ancora di più, non rinnegarlo.”

Questa mentalità riflette una gestione della cultura che spesso sembra scollegata dalla realtà. Il progetto di candidatura ha puntato molto sul bergamotto, che è senza dubbio un simbolo identitario, ma il rischio è stato quello di ridurre la proposta a una mera esaltazione di ciò che è locale, senza una strategia di respiro nazionale e internazionale. “Il bergamotto non è solo un prodotto di Reggio, ma deve essere difeso per il valore economico che rappresenta, per il suo legame con i produttori, per la necessità di tutelarne il prezzo. Da qui dobbiamo ripartire, dal valore delle nostre eccellenze.”

Cultura non significa gratis: il valore del lavoro

Un’altra questione fondamentale sollevata da Castrizio riguarda il rapporto tra cultura ed economia. “Abbiamo sbagliato a pensare in maniera ottocentesca che la cultura sia gratis. La cultura deve portare soldi. Chi suona deve essere pagato, chi tiene una conferenza deve essere pagato. Con la cultura si mangia.”

Il problema è che per anni Reggio ha trattato la cultura come un settore secondario, privo di una vera pianificazione economica. Gli eventi si susseguono senza un piano coordinato, senza un reale impatto turistico e senza che il settore diventi realmente un motore di sviluppo.

Basta improvvisati: serve rispetto per i professionisti

Il punto centrale della critica di Castrizio riguarda l’eccessivo spazio dato agli improvvisati, a scapito di chi possiede reali competenze. “Non ce la faccio più con questa narrazione di persone brave che sono andate via e tornano solo a raccontarci quanto sono brave. Valorizziamo chi è rimasto, chi lavora ogni giorno per questa città.”

E su questo non c’è spazio per equivoci: Reggio Calabria ha bisogno di professionisti, non di dilettanti allo sbaraglio. “Abbiamo bisogno di una controparte seria con il Ministero della Cultura. Il Ministero tutela i beni culturali, ma la divulgazione e la valorizzazione spettano a noi, al territorio, all’università. Dobbiamo farle lavorare queste entità.”

Se Reggio vuole davvero puntare sulla cultura, deve cambiare radicalmente il modo di concepirla. Basta con le scelte basate sulle amicizie, basta con le nomine fatte per compiacere piccoli gruppi di potere. “Diamo spazio ai professionisti e facciamoli lavorare. Se lo faremo, Reggio Calabria sarà la capitale della cultura in eterno. Perché la cultura, vogliate o no, è nata qua.”

Un’occasione mancata, ma non tutto è perduto

La mancata nomina a Capitale della Cultura 2027 non deve essere un punto d’arrivo, ma di ripartenza. Reggio ha il potenziale per diventare un polo culturale, ma solo se cambierà il suo approccio. Non si può pretendere di vincere competizioni di questo livello senza una strategia, senza il coinvolgimento dei migliori talenti e senza il rispetto per il valore del lavoro culturale.

Reggio Calabria ha perso, ma può ancora costruire il proprio futuro. A patto, però, che inizi a fare sul serio.

 

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