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REGGIO – Consiglio sul Ponte: una storica pagina di preistoria

Non sono mai riusciti a collegare la stazione Aeroporto con l’aeroporto di Reggio Calabria (2 km scarsi, ma non un autobus) nonostante Ryanair.

Non hanno progettato un ponte tra Gallico e Catona marina (60m).

Non hanno saputo creare, nemmeno, la passerella sul Calopinace (22m). Diciamo pure che non c’è collegamento bus tra Catona e Villa. Cosa poteva scaturire dalla visione di una grande infrastruttura come il Ponte, se non clamore e paralisi da sgomento?

Ciascuno ha la sua parte “rettiliana”, che di fronte al rischio lancia il segnale d’allarme; sì, ma quanto ci manca quel contorno di cerebrale: analisi, ipotesi, opportunità, alternative, che le decine di amministratori dovrebbero manifestare, con un minimo di coraggio e competenze, per dar voce agli elettori (veri e non defunti magari, ma è un’altra storia).

Dev’essere stata tale utopica congettura ad aver suscitato nel consigliere Ripepi l’idea di un dibattito, la possibilità che gli scranni reggini parlino per le proprie bocche ed attraverso le coscienze, in rappresentanza dell’interesse comune.

Come prima risposta, ecco l’agghiacciante postilla della Lega, ideale speculatrice della grande opera, che ci rende meno distanti i Noponte: per non Sponsorizzare Pazzano – dice più o meno la Lega – ci assenteremo.

Insomma i consiglieri di minoranza, pur di non favorire il “fine politico” di Pazzano (loro che in aula Battaglia ci vengono per far opere pie, mica per politica) disertano, lasciando campo libero a tutto l’arsenale illogico nopontista. Le solite, tombali, associazioni franate dal ripostiglio sessantottino le quali si dimostrano compatte: pur nell’inconsistenza, esistono.

Tra i loro non argomenti:

Il ponte guasta il paesaggio. Eppure, tra Norvegia e Svezia – la socialdemocratica Svezia dove il radical ambientalismo esasperato a potenza infinita  ha partorito un ponte di sette chilometri con la Norvegia (prima costruttrice mondiale di veicoli elettrici) non hanno pensato all’alternativa traghetti, elettrici men che meno.

Il ponte non si finisce. I fondali non reggono. I materiali sono inadeguati. Il progetto è anacronistico: perché in dodici anni la Pangea si ricostituisce, si sa.

E poi le contumelie burocratiche sui vuoti normativi, sulle intenzioni a lungo termine e l’incertezza sollevata dai sindaci di Villa San Giovanni e Campo Calabro, preoccupati dall’eventualità di essere lasciati soli in balia di conseguenze pesanti (l’abbandono dei centri sociali?)

Dopodiché, un attacco rivolto alla controparte politica, identifica nel binomio Lega-FDI riguardo l’ombra di un compromesso politico cui il Ponte è oggetto; nella figura di Antonino Minicuci, in particolare, è intravisto un garante, dato il suo ruolo amministrativo in quel di Genova, il cui porto sarebbe favorito rispetto a quello di Gioia Tauro.

Nessuno ha parlato della concorrenza con Augusta: sarebbe un’obiezione reale.

La polemica non risparmia ovviamente la società dello Stretto di Messina: il manager Ciucci, infatti, sarebbe indagato per il crollo di un ponte in Sicilia.

Figure manageriali, colpevoli oltretutto, di incassare faraonici onorari nel contesto di un ‘presunto’ progetto pubblico, che in realtà batte privatamente cassa.

Insomma, la colpa originale è il capitalismo: i ragazzi si vergognano a confessarmi apertamente che, il ritorno alla raccolta ed alla pastorizia, con sistema matriarcale, sarebbe l’obiettivo che passa dalla presa di Palazzo San Giorgio. Ma progetto però si legge nell’aria: dove altro, al mondo, la politica è più tragicamente comica che sulle nostre rive?

Marginali i commenti dei consiglieri comunali intervenuti, poiché non si sbilanciano più di tanto e non aggiungono nulla al dibattito. Tuttavia segnaliamo interessanti quesiti sull’alta velocità nel nostro territorio, che sia una promessa o un reale intento; sull’equilibrio tra opere compensative e complementari; il coinvolgimento di tutti gli amministratori dell’area metropolitana.

Più minuto, ma comunque qualitativo il fronte pontista, espresso da tre associazioni di ispirazione cristiana e perciò lapidabili.

Si rammenta, giustamente, la presenza del Ponte dei Dardanelli che unisce Europa ed Asia. Sarebbe così ingiustificato il timore per lo sviluppo tecnico, in virtù di esempi di spessore.

Va bene non turbare delfini, gabbiani ed alghe, ma si menzionano opportunità economiche in seno ai settori secondario e terziario, tra industrializzazione, turismo e amministrazione; l’impatto demografico, ovvero, il probabile ripopolamento causato da maggior benessere e una viabilità migliorata che agevola la permanenza presso la zona natia.

Una risposta al disfattismo del fronte dissidente, incalzata da ulteriori argomentazioni di Ripepi, il quale dimostra come tutte le zone caratterizzate da infrastrutture importanti mostrino risultati proficui.

Inutile fasciarsi la testa prima della botta – chiosa Ripepi – e, siccome alla classe dirigente nazionale nulla importa di Reggio Calabria, diventa fondamentale la coesione, al fine di non perdere un’occasione che – probabilmente – non si ripeterà. In caso di tradimento da parte del Ministero – conclude il coordinatore regionale di Alternativa Popolare – parteciperà immediatamente alla protesta.

Cesare Minniti

Domenico Catalano

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