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REGGIO – Frecce tricolori nella volta di Reggio: in bilico tra terra e cielo, tra paura e rivoluzione

“Fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione”, lo fece dire Monicelli, in altri contesti. Tuttavia nelle evoluzioni dei piloti, c’è una misura del genio necessario a generare meraviglia e forse poesia: il resto ce lo mette il Cielo. Lo straordinario scenario dello Stretto, partecipa con la sua raggiante vitalità, con inconsueta partecipazione di popolo.

L’acrobata della Pattuglia Acrobatica Nazionale ha una tuta blu da supereroe, mediamente indossa una faccia mezza da giamburrasca e mezza da gendarme. Per trampolino ha un sedile attaccato ad un turbogetto (quei piccoli, vecchi, agilissimi Aermacchi del dopoguerra) sfida la gravità, si fa beffe del rischio. Una voce fuori campo sembra rievocare prodezze antiche, c’è dell’epico nelle coreografie degli uomini volanti, e questo basta a far esplodere di meraviglia tutta la via marina di Reggio riempita. Decine di migliaia, gomito a gomito fino alla battigia, tutti diventati bambini, tutti improvvisamente orgogliosi di essere italiani.

In una modernità dove l’esibizione dell’abilità e della forza, del rischio, dell’armonia, della squadra e della patria, vengono relegate nell’angolino di un mirabolante show, proprio in quell’angolino, che è l’azzurro dello Stretto, queste vecchie gloriose carabattole giudicate patriarcali, riscoprono l’unità, la gioia, lo slancio, la coesione, la speranza di tutto il popolo. Nelle piroette di questi piloti, il top dei top, gli uno su mille dell’aeronautica, c’è l’essenza nazionalpopolare che un po’ di circo, e molto di perduto e sacro. Non manca mai (ma ne faremmo a meno) chi grida al riscaldamento globale, allo spreco o al rischio inutile, anche di fronte a tutto questo. Ma il rischio, la spacconata, l’esibizione, non sono componenti di ogni rito, dove un corteggiatore, in questo caso il pilota, rivela l’amore all’amata, in questo caso la nazione, affacciata sul più bel chilometro d’Italia? Roba passata, roba da giovani, forse: perché l’Italia è stata, anche, giovane. Ed ecco gli aerei, quelli che non possono volare a Reggio eppure la riempiono, che potrebbero cadere e non lo fanno, come in bilico, tra terra e cielo, tra la paralisi di paura e possibilità di rivoluzione, è una città intera.

Cesare Minniti

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