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ARGHILLA’ – Il Sindaco si sveglia (tardi) su Arghillà. L’affondo del Gruppo Civico Noi Siamo Arghillà: “Undici anni di abbandono. E la gente lo sa.”

Una tazzina di caffè con Alessandro Giordano, un giovane con gravi problemi di salute, cacciato dal suo alloggio popolare ad Arghillà mentre era in ospedale per un delicato intervento. E un lungo post su Facebook del sindaco Giuseppe Falcomatà, in cui ringrazia Le Iene per avergli fatto conoscere la storia e promette di cercare “insieme una soluzione”. Il tono è quello affettuoso e compassionevole dell’amministratore empatico. Ma il contenuto ha innescato una reazione dura e ferma da chi ad Arghillà, da anni, non arriva solo per farsi vedere.

A smascherare quello che in molti hanno definito un intervento tardivo e opportunamente mediatico, è Patrizia D’Aguì, presidente del Gruppo Civico “Noi Siamo Arghillà – La Rinascita”, che in un lungo commento pubblico ha riportato il discorso su un piano più concreto: quello dei fatti.

«Sindaco, forse ha dimenticato che da undici lunghi anni è lei a guidare il Comune di Reggio Calabria. Undici anni in cui avrebbe potuto – anzi, dovuto – affrontare il dramma del ghetto di Arghillà. Ma la verità è che non lo ha mai fatto. […] La sua politica per Arghillà è stata una sola: l’abbandono.»

Il caso di Alessandro Giordano non è isolato, e questo è il punto. Ad Arghillà esiste un’emergenza abitativa che si trascina da decenni, alimentata da interventi assenti, da promesse mancate e da istituzioni che non hanno voluto vedere. È in questo contesto che si inserisce l’ordinanza di sgombero del Comparto 6, che minaccia di buttare fuori 110 famiglie, molte delle quali con minori, disabili, nuclei monogenitoriali e storie di disagio estremo.

Il Gruppo Civico è chiaro: “Non siamo a favore dell’abusivismo, siamo per la legalità, per il rispetto delle regole e per la trasparenza amministrativa.” Ma aggiunge anche: “Ogni storia è a sé. E molte di queste famiglie non hanno tolto la casa a nessuno. Si sono rivolte alle istituzioni con il proprio grido di emergenza, e sono state ignorate. Lasciate nel vuoto. Letteralmente, in mezzo alla strada.”

Nel frattempo, il Comune tace. Oppure scrive post sui social. Nessun preavviso, nessuna alternativa abitativa, nessun piano sociale. Solo un’ordinanza fredda, calata dall’alto, come se la sofferenza fosse una questione da rimuovere piuttosto che da affrontare.

Il paradosso è che il Sindaco parla di “sicurezza” e di “ferite aperte”, proprio mentre la città scopre che anche Palazzo San Giorgio – la sede del Comune – è stato dichiarato inagibile, insieme ad altri 23 immobili comunali. Allora ci si chiede: dove sono stati tutti in questi anni? Perché il quartiere di Arghillà, con le sue strutture fatiscenti, viene trattato come un problema solo oggi a un anno dalle elezioni?

Il timore, ormai condiviso da molti, è che si tratti dell’ennesima strategia elettorale travestita da gesto di solidarietà. Il solito “giro” pre-elettorale nei quartieri, la passerella di prassi, il post commosso, e poi più nulla.

Ma ad Arghillà la memoria è lunga. E il gruppo civico non fa sconti:

“Arghillà, più di ogni altro luogo, non ha bisogno di padroni. Ha bisogno di servitori veri, di persone che ci siano davvero, ogni giorno. Non solo quando ci sono le telecamere.”

Nessuno vuole più essere compatito. Si vuole solo essere rispettati. Ascoltati. Coinvolti.
E per questo, Arghillà continua a parlare. Anche quando tutti vorrebbero farla tacere.

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